Carnia: le voci dei sindaci contrari alle “Unioni dei Comuni montani”


di Fabio D’Andrea sindaco di Rigolato
e Giorgio Morocutti sindaco di Ligosullo

Il 1º dicembre, nella sede udinese della Regione, è stata convocata la conferenza dei sindaci, alla quale è stato presentato il nuovo Ddlr (disegno di legge regionale) di «razionalizzazione e semplificazione dell’ordinamento locale in territorio montano. Istituzione delle Unioni dei Comuni montani». In detta occasione i sindaci sono stati invitati a esprimere una loro valutazione su questa proposta di legge, attraverso un voto di assenso o di contrarietà alla proposta di riforma di cui sopra. Le nostre sono state fra le poche espressioni contrarie al Ddlr, motivate nel corso del dibattito, da tutta una serie di valutazioni che di seguito, succintamente, intendiamo rimarcare, con linguaggio semplice e chiaro, cercando di evitare quel politichese usato troppo spesso per rendere incomprensibile e comunque interpretabile ogni esternazione. Premettiamo che la nostra non è voluta essere una difesa preconcetta dell’esistente, né tantomeno una levata di scudi in favore di situazioni di conclamata e accertata sofferenza riconducibile alle difficoltà reale in cui versano soprattutto i piccoli comuni di montagna. Tutt’altro. Vi è sempre stata in noi la consapevolezza che una riforma nell’ordinamento delle autonomie locali, attesa e auspicata da tempo, potesse essere un elemento di attuazione concreta dei principii di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, assolutamente necessari e non rinviabili. Se l’ipotesi iniziale del legislatore regionale era quella di tagliare o riorganizzare le Comunità montane, con questa legge – se approvata – non soltanto non si è concretizzata tale ipotesi, ma, paradossalmente e contrariamente all’affermazione di detto obiettivo, si è passati di fatto all’avvio di un processo che porterà ineluttabilmente all’indebolimento sostanziale e alla perdita di peso dei Comuni di montagna, i cui sindaci saranno chiamati a gestire solamente il quotidiano, a giustificare scelte da altri decise, a fare gli esattori per conto di questo e/o di quel consorzio, ente sovraccomunale, Società consorziale. Prerogativa certamente non in linea con gli indirizzi attribuiti ai Comuni non soltanto dalla Costituzione; se a questo, poi, si aggiunge il tentativo in atto – e per certi aspetti riuscito – di favorire un vero e proprio processo di accentramento – politico-burocratico a prescindere – in particolare verso il fondovalle o la città, ecco allora che la quadratura del cerchio è presto fatta. Il Ddlr è chiaro: smagrire i Comuni attraverso il trasferimento progressivo del personale, pur in relazione alle funzioni trasferite, assunzione da parte del nuovo ente sovraccomunale delle competenze in materia di attività produttive, diritto allo studio, edilizia e servizi scolastici, polizia locale, nonché l’organizzazione e la gestione del servizio tributi, personale, sistemi informatici, catasto, espropri eccetera. Nella sostanza, l’ente locale di primo grado, il Comune, anello fondamentale di congiunzione fra cittadini e istituzione, sarà svuotato delle competenze più importanti, delle prerogative fondamentali per le quali era stato istituito. Il trasferimento del personale, in particolare, rappresenta una forzatura inaccettabile e, a nostro modesto giudizio, di dubbia costituzionalità. Già la “Bassanini” aveva, in parte giustamente, individuato il recinto in cui un pubblico amministratore doveva muoversi, facendo chiarezza su “chi fa che cosa”: da una parte gli amministratori eletti dal popolo con il compito di dare gli indirizzi; dall’altra l’organizzazione tecnico-amministrativa delegata all’attuazione vera e propria di quest’ultimi. Con questa riforma anche la “Bassanini” appare superata, nel momento in cui, fra l’altro, un sindaco, una giunta comunale si troverà nelle condizioni di relazionarsi con strutture “estranee” e lontane dal territorio, e sotto le dipendenze dirette di altri. Se poi a questa serie d’incongruenze aggiungiamo la previsione contenuta nella legge, che prevederà il cosiddetto “voto ponderale” nelle assemblee del nuovo ente sovraccomunale, andando a ledere la dignità – o, meglio, la pari dignità – dei Comuni medio-piccoli, allora ben si comprende quale sia il vero disegno in essere: indebolire o addirittura annientare i piccoli Comuni, attraverso la drastica riduzione del loro già esiguo peso politico. Di più. Si vuole accentrare, anziché delegare in barba ai proclami federalistici tanto cari a troppi legislatori regionali. Anche l’approvazione del Testo unico delle leggi sulla Montagna (articolo 25) è rinviato a tempi successivi all’entrata in vigore della legge di riordino, aspetto non irrilevante che denota una mancanza assoluta di una politica programmatoria per i territori di montagna. E pensare che, a volte, in politica basterebbe “copiare” ciò che altri, trovandosi nelle nostre stesse condizioni, hanno già sperimentato, con risultati – pare – decisamente positivi. Ci riferiamo alla vicina Provincia autonoma di Trento, dove, con la legge provinciale 16 giugno 2006 numero 3 e successive modifiche e integrazioni, sono state approvate le norme in materia di governo dell’autonomia del Trentino. Questa legge ha inteso rafforzare i Comuni, istituendo le comunità di valle, il cui presidente, e i tre quinti dei componenti dell’assemblea, sono eletti a suffragio universale diretto, sulla base di una o più liste aventi a riferimento tutto il territorio della comunità. Una riforma legislativa volta ad assicurare alle popolazioni insediate sul territorio della Provincia autonoma di Trento e ai gruppi linguistici nei quali esse si riconoscono, anche mediante un processo di riorganizzazione delle istituzioni provinciali e locali ispirato ai principii di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, la salvaguardia e la promozione delle peculiarità culturali, linguistiche, storiche, ambientali ed economiche nonché la garanzia a tutta la popolazione delle medesime opportunità e livelli minimi di servizio, indipendentemente dalle caratteristiche del territorio, dalla collocazione geografica e dalle dimensioni del comune di residenza. In particolare in Trentino, sono trasferite ai Comuni materie importanti, le quali – non tutte – possono essere svolte senza l’obbligo di esercizio in forma associata. Sono soltanto alcune riflessioni che, con serenità e senza pregiudizi, ci sentiamo di sottoporre al legislatore regionale, convinti, comunque, che questo Ddlr, che prossimamente sarà sottoposto all’approvazione del consiglio regionale, rappresenterà – se approvato – la fine dell’autonomia locale, l’accelerazione del processo di scollegamento fra rappresentanti e rappresentati. Ci auguriamo solamente una cosa: che il tempo ci smentisca. Di avere visto male. Di avere avuto torto.<br />

 

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