Carnia: Paolo Patui ricorda don Giuseppe Treppo

Andò incontro a un destino già segnato don Giuseppe Treppo, vicario parrocchiale a Imponzo, nel cuore della Carnia. I cosacchi avevano sparso in paese la voce “Pastor Kaputt”. Due parole secche, gridate con un accento strano, un tedesco gutturale che sapeva di Russia e di terre lontane. Eppure dinanzi alla tragedia imminente, quel piccolo prete di montagna non seppe trattenersi. Solo, disarmato, privo di prestanza fisica, don Treppo non riuscì nell’impresa; anzi, firmò la sua condanna a morte proprio nel momento in cui cercò di difendere le ragazze del suo paese minacciate dai soldati cosacchi. Bastò questo gesto a firmare la sua condanna a morte. Che fu straziante, umiliante, per certi versi quasi cristologica nella sua esecuzione. Perché don Treppo fu condotto lungo una delle strade di Imponzo come fosse la sua personale Via Crucis, fatta di percosse, sputi, insulti, ferite fino all’uccisione tramite un colpo di arma da fuoco alla testa.<br />
Don Giuseppe Treppo era stato ordinato sacerdote a 26 anni: «Umile, paziente, disciplinato, zelantissimo». Venne subito nominato delegato arcivescovile di Fusea e Cazzaso in Carnia, ma una salute cagionevole e poco incline ai climi umidi e freddi gli fece ottenere un temporaneo trasferimento a Trivignano Udinese fino al 12 dicembre 1937. Due giorni dopo faceva il suo ingresso a Imponzo quale Vicario Curato. Questo rientro in terra di Carnia segnò per don Treppo una parentesi felice, sì, ma tragicamente breve. Nel 1944 infatti si trovò, come del resto molti altri parroci dell’alto Friuli, a dover gestire i complessi e conflittuali rapporti fra le truppe tedesche, i partigiani alle prese con la costituzione della Repubblica libera della Carnia e l’arrivo delle armate cosacche.
I rapporti fra la popolazione e i combattenti partigiani e nazisti erano stati gestiti con una certa discrezione e con una intelligente saggezza che aveva in qualche modo limitato i danni alla popolazione civile, ma l’arrivo dei cosacchi mise invece don Treppo davanti a una situazione di difficile controllo. Di carattere mite e remissivo, poco incline a esporsi in prima persona, non seppe però trattenersi dinanzi agli atteggiamenti prevaricatori riversati soprattutto nei confronti delle ragazze del paese. Smesso l’abito di don Abbondio, indossò quello che gli parve necessario a proteggere e difendere la sua gente. Una scelta che gli costò non solo la morte, ma purtroppo una fin troppo precoce dimenticanza.