Centri di salute mentale: un approccio diverso per il disagio psichico

di Pasquale d’Avolio presidente dell’Atsam Alto Friuli

La lettera del signor Cesarin di qualche giorno (sul Messaggero Veneto) fa sui Csm (Centri di salute mentale), “da chiudere” a suo parere, accanto a delle accuse ingiuste e offensive nei confronti degli operatori sanitari di Tolmezzo e a delle evidenti falsità, come dirò dopo, solleva un problema reale che è quello delle persone in stato di difficoltà psichica e mentale, a cui le strutture pubbliche non sempre riescono a trovare la soluzione definitiva, ammesso che esista davvero una soluzione definitiva, vale a dire la “guarigione”. Ho usato il termine “guarigione” riferendomi naturalmente alla malattia mentale, cosa diversa dal disturbo mentale o dal disagio mentale, da cui sono afflitti milioni di persone nel mondo. Secondo il Corriere della sera di alcuni giorni fa nell’Unione europea oggi il 38,7% della popolazione soffre di un disturbo psichico, disturbo che non soltanto si può curare, ma si deve curare opportunamente, mentre per il “disagio” l’approccio non può essere soltanto sanitario, essendo esso originato da cause a volte transitorie e legato a particolari eventi della vita. I Csm hanno rappresentato e rappresentano una alternativa valida ed efficace rispetto alle vecchi manicomi o alle Case di cura o ai reparti psichiatrici degli ospedali, che si accompagnano normalmente alla segregazione del malato. Il Csm di Tolmezzo in questi casi svolge una azione assolutamente d’avanguardia: nessuna chiusura (altro che “carcere” come dice Cesarin, o “torture psicologiche”), rapporti costanti con i pazienti , servizi sul territorio con visite domiciliari, alta professionalità degli operatori; e non lo dico per piaggeria. Gli esiti naturalmente non sempre sono quelli auspicati e i casi di “dismissioni” sono comunque presenti, anche se noi vorremmo che fossero più frequenti e che l’inserimento dei “pazienti” nella comunità locale avvenisse dopo breve tempo. Quanto al “disagio”, qui forse registriamo una carenza dovuta in parte al numero delle risorse presenti nel Csm (soltanto 3 psichiatri per oltre 500 “seguiti”, una sola psicologa) in parte alle difficoltà ambientali che a volte non aiutano le persone in difficoltà a uscire dal loro stato di isolamento: isolamento a volte ricercato dagli stessi pazienti cui si cerca di offrire occasioni di incontri, relazioni positive e coinvolgenti, purtroppo non sempre utilizzati. In questo senso l’apertura di un luogo di riunioni e socializzazione nella ex Stazione di Tolmezzo, tutti i giorni, è una prima risposta. Tutto bene dunque? Certamente non basta: bisogna fare di più e meglio; non basta l’intrattenimento, che può originare “dipendenza”. Occorre, come dice giustamente Cesarin, sollecitare l’autostima, aiutare i soggetti in crisi a rendersi autonomi e per questo occorrerebbe altro personale impegnato nella terapia psicologica. La nostra Associazione Atsam (associazione per la tutela della salute mentale) che mantiene costanti e proficui rapporti con gli operatori del Csm (non corrisponde al vero che “nessuno mette lingua” almeno per quanto ci riguarda), ha sollevato e solleva questi problemi. Siamo in pochi, per lo più familiari, occorrerebbe essere in più, spingere il volontariato a interessarsi non soltanto dei disabili fisici, verso i quali indubbiamente c’è maggiore attenzione, ma anche a tutti coloro che sono in difficoltà psicologica E sono tanti, anche se molti non si rivolgono ai servizi pubblici. La nostra posta elettronica è [email protected]; invitiamo chiunque è alla ricerca di un sostegno a rivolgersi a noi. Settimanalmente la sede (via Linussio, 2a) è aperta il venerdì pomeriggio (15-17), mentre ogni primo giovedì del mese facciamo delle riunioni cui partecipa la dott. Gon, responsabile del Csm, assieme ad altri operatori. In conclusione, ben vengano anche le “provocazioni” come quella di Cesarin, evitando tuttavia accuse generiche e a volte ingiuste.