Cineteca del Friuli: il Friuli risorto dal terremoto non merita i tagli

di LIVIO JACOB, Presidente della Cineteca del Friuli.

La fase che stiamo vivendo è molto più che una semplice congiuntura, è una crisi dagli aspetti profondi, e per prima cosa dimostra come le analisi e le misure per superarla siano come al solito a breve termine (tagli lineari) oltre che inefficaci a coglierne il senso autentico. Si fa presto a parlare di tagli come soluzione inevitabile, come se la cultura fosse un accessorio o addirittura un lusso di questi tempi per una comunità che ha ben altri problemi. Non mi soffermo sugli aspetti occupazionali ed economici di un comparto – come è già stato detto – fra i più prolifici in Italia e non solo. Non ripeto neppure, come è stato fatto in questi giorni anche su queste pagine, le considerazioni sul valore civico, intellettuale, di creatività e di rilancio sociale che la cultura porta con sé. Ragioni d’altra parte molto bene espresse dall’intervento di Giorgio Napolitano sui beni culturali. Concordo appieno anche con le affermazioni di Alberto Garlini riportate l’altro ieri: il dramma non sono i soldi, ma la mancanza di idee e di creatività che un tale avvilimento della cultura produrrebbe e per il quale alla fine saremo tutti più tristi e, aggiungo, davvero più poveri. Vorrei ricordare l’orgoglio e la soddisfazione di tutti per la credibilità che il Friuli, a distanza di 36 anni dal terremoto, riesce a dare di sé quando il presidente Napolitano in visita ufficiale porta a esempio la documentazione cinematografica e la conservazione della memoria di cui questa regione è capace, e ciò grazie anche a una struttura come la Cineteca del Friuli che si occupa della raccolta e della salvaguardia delle immagini del territorio. È una credibilità riconoscibile come un valore in tutti gli ambiti, non solo culturali ma anche commerciali, economici e amministrativi. La stessa esperienza del terremoto è ancora un modello per tutti. Questo è l’esempio più eclatante ma ce ne sono molti altri che in questi anni hanno portato l’attenzione sul Friuli Venezia Giulia. Per allargare l’orizzonte all’intera collettività, ricordo solo l’ultima iniziativa in collaborazione con il Cec e Cinemazero, presentata l’altro giorno al presidente del Consiglio regionale Maurizio Franz, del restauro digitale del film Gli ultimi, che a distanza di cinquant’anni continua a vivere. E penso all’incredibile produzione e distribuzione di opere e talenti locali premiati in giro per il mondo che la FVG Film Commission e il Fondo per l’audiovisivo, assieme a realtà che nascono da questo contesto culturale come la Tucker Film, promuovono da tempo e con successo. Risultati che non sarebbero possibili senza strutture, competenze, programmazione e ricerca. Le immagini appena ritrovate negli archivi americani della Grande Guerra in Friuli sono importantissime non solo per noi ma per gli storici della comunità nazionale e internazionale, come dimostrano le collaborazioni già avviate dalla Cineteca del Friuli e dalle Giornate del Cinema Muto in Italia e in Europa. Non a caso la Cineteca è investita dalla Regione della funzione di servizio pubblico e gli è affidato il deposito delle produzioni regionali. Anche altre regioni italiane depositano i loro fondi nell’Archivio Cinema del Friuli Venezia Giulia. Queste attività hanno dei costi, certo, ma siamo disponibili a perdere tutto ciò? A fare finta che non ci interessi o, peggio, che non ci serva? Credo che i tagli lineari di cui si parla in questi giorni stiano a indicare che non si è compreso come si supera una crisi, come se il terremoto non ci avesse insegnato nulla. Per fortuna (e non solo), rimane la cultura a ricordarcelo.