Friuli: il culto di Santa Lucia


di Paola Treppo.

Una volta i regali, più che altro per i bambini, tra dicembre e gennaio arrivavano solo con la Befana. Fare il presepio era poco diffuso in Friuli dove, specialmente in montagna e in collina, per le feste si ornava solo l’albero.

Poche le decorazioni e tutte mangerecce: si appendevano mandarini, biscotti, caramelle e noci. Adesso i regali si possono fare in tre momenti diversi perché a portarli sono in tre: Santa Lucia, Gesù Bambino (o Babbo Natale) e la Befana. Il culto della santa del 13 dicembre ha radici molto radicate nella nostra regione ma a essa non sono legati eventi particolarmente significativi. Poche le chiese che le sono state intitolate e relativamente basso il numero delle opere che la raffigurano. Parecchi, invece, i detti e le credenze legate a questo giorno dell’anno che, secondo il Martirologio Geronimiano e altri testi agiografici, pare sia quello della morta della santa. Prima del XIV secolo, questa data coincideva con il solstizio d’inverno a causa dello sfasamento tra anno solare e calendario giuliano: quadro che contribuì a fissare le funzioni della santa nella tradizione popolare. Sono nati così i detti, oggi improponibili, di Santa Lucia è il giorno più corto che ci sia o Da Santa Lucia a Natale il dì allunga un passo di cane che in friulano si è trasformato poi, in A Nadâl un pît di gjal, a Prin da l’an un pît di cjan, a Pifanie un pît di strie, più aderente al vero, riferito alla lunghezza delle ombre proiettate dal sole.

Se le vite e tradizioni legate a Gesù Bambino, Papà Natale e la Befana sono ormai arcinote, lo sono meno quella della santa del 13 dicembre. Lucia, originaria di Siracusa e vissuta tra il 283 e il 304, è ricordata per il martirio sotto Diocleziano. Secondo la tradizione fu accecata (si sarebbe strappata gli occhi per non cedere alla suppliche del fidanzato) e proprio per questo è considerata e festeggiata come la santa della luce. Il suo stesso nome la evoca: deriva dal latino Lùcia, femminile di Lùcius, la cui radice è lux, lucis, luce: significava originariamente nata nelle prime ore del mattino, oppure durante il giorno. Le sue spoglie si trovano a poco più di un centinaio di chilometri di distanza da Udine, nella chiesa di San Geremia, a Venezia, dove sono state portate durante la quarta crociata dal doge Enrico Dandolo (che le aveva trafugate da Costantinopoli). Il luogo, pur se non sufficientemente pubblicizzato, è meta di continui pellegrinaggi di fedeli che, da ogni parte del mondo, portano la loro venerazione alla santa. Le sue spoglie furono portate qui nel 1861, quando la chiesa palladiana di Santa Lucia venne abbattuta per dar spazio alla stazione ferroviaria (che ne conserva tuttora il nome), per essere poi conservate nella teca attuale dall’11 luglio del 1863. Nel 1955, l’allora patriarca di Venezia Angelo Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII, fece porre una maschera d’argento sul volto, per proteggerlo dalla polvere. Nella città sull’acqua il suo culto si diffuse a tal punto che essa ne divenne, di fatto, patrona, assieme a San Marco. Quando, poi, a causa del declino dei commerci, la Serenissima decise di investire nella terraferma, il culto si estese a tutto l’entroterra veneto. Dal periodo del Medioevo divenne figura religiosa di riferimento importante nelle regioni vicine fino all’Austria e alla Cecoslovacchia dove assunse pure la funzione solstiziale (come il Bambin Gesù, San Nicola e la Befana) di distribuire doni ai bambini, lasciando carbone o una bacchettina a quelli che non hanno fatto i bravi.

Oggi in Friuli si festeggia anche in seno ad alcuni eventi promossi da associazioni, parrocchie e gruppi artigiani. Nella fantasia dei più piccoli, favorita dai racconti degli adulti, la santa arriva dal cielo e porta con sé un carretto pieno di doni, trainato da un asinello. C’è l’uso, in qualche paese, di mettere sulle porte di case fieno e latte per l’asinello e biscotti per la santa. Nei giorni che precedono la ricorrenza, per rendere più suggestiva l’attesa, si passa nelle strade suonando un campanello. I bambini, preoccupati, si nascondono perché, secondo la leggenda, non possono vedere la santa che potrebbe gettare cenere nei loro occhi.

Una risposta a “Friuli: il culto di Santa Lucia”

  1. io conoscevo poco di tutto questo, anzi potrei dire nulla..voglio saperne di piu’ e farlo sapere alle persone che come me non sanno ancora, chiedo perdono a santa lucia se la mia mente ha dimenticato il suo volto non so come e’ potuto succedere, io l’ho avuta sempre vicino a me ma era come se non sapessi il suo nome perdono per la mia mancanza perdono, vorrei sapere di piu’ tanto di piu’…ogni volta che entro nella mia chiesa mi siedo vicino a Lei, una volta ho guardato la statua ed ho detto ” NON SO CHI SEI MA QUI VICINO A TE IO STO BENE” sono passati tanti anni , ho avuto problemi agli occhi ringraziavo tanti ma era come se non era nessuno di quelli che nominavo e non mi veniva il suo nome, solo adesso sto capendo , ti chiedo perdono Santa Lucia non so come e’ potuto succedermi questa dimenticanza, non lo so.

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