Friuli: il mangiar di magro in tempo di quaresima


di CRISTINA BURCHERI

 
Tempo del “mangiar di magro” in cui erano banditi per disposizione ecclesiastica carne, grassi e dolci, la Quaresima dalla dispensa dei friulani tirava fuori fagioli (legumi in genere) e pesci utili ad arricchire la dieta di qualche gusto e proteina.
A proposito delle tradizioni alimentari di una volta, Valentino Ostermann (1841 – 1904) in “Vita in Friuli” (volume ristampato nel 2010 da Del Bianco Editore) raccontava: «Il primo giorno di quaresima le famiglie usano mangiare la minestra di fagioli o di lenticchie, e nel pomeriggio si costuma andare nelle osterie di campagna a mangiare il baccalà, le aringhe, o le sardelle col radicchio».  Se lungo la costa adriatica marzo era il mese in cui si riapriva la pesca in alto mare, sulle montagne friulane, oltre la fauna ittica d’acqua dolce, era costume consumare in quaresima pesce essiccato: baccalà, aringhe e sardelle.<br />
Ben tratteggia la situazione alimentare a Sauris Domenico Isabella («Mitertokh, proat in sokh… la cultura alimentare a Sauris ieri e oggi», edito dal Centro Etnografico) quando scrive: «Il baccalà era una ghiottoneria per i giorni di festa (domeniche di Quaresima e vigilie); si preparava con un intingolo ricco di burro, panna e spezie e accompagnava la polenta (soprattutto sulle tavole delle famiglie più facoltose)». Studiando il sistema alimentare saurano tra quotidianità e festività Domenico Isabella conclude la panoramica sulla dieta quaresimale citando alcune preparazioni alimentari consentite dalle prescrizioni religiose. Veniamo così a scoprire che ingrediente base erano i crauti i quali erano cucinati con le patate o aggiunti alla minestra d’orzo. Oltre ai crauti, aspettando la Pasqua e il disgelo, i saurani di una volta si alimentavano anche con due diverse qualità di pasta: le tagliatelle e i pfornzàufn, quest’ultimi sono costituiti da un impasto di acqua e farina che viene sbriciolato tra le mani strofinate tra di loro a formare una sorta di briciole (sàufn) di pasta.
Alle minestre Pietro Adami, nelle pagine del volume “La cucina carnica” ristampato nel 2009 da FrancoMuzzio, dedica un intero capitolo. Così ci spiega: «Accanto alla polenta e alle varie farinate, la minestra costituisce in assoluto un elemento fondamentale dell’alimentazione tipica locale» per continuare qualche riga più sotto «le mignèstris vere e proprie utilizzano secondo stagione jerbes o jerbùttis, successivamente anche ortaggi provenienti da modesti orticelli familiari».