Friuli: l’editore Bruno Rossi pubblica Çant dal Friul – Dischi e registrazioni storiche del Friuli

di LUCIANO SANTIN

«Questi dischi di una perfezione finora da nessuna altra casa raggiunta, sono destinati ad avere un enorme successo, non solo nelle nostre province, ma bensì dappertutto ove vivono i figli del forte Friuli!». Con questa pubblicità, nel 1909, la statunitense Columbia Phonogram Company metteva in commercio quattro dischi doppi, contenenti alcuni brani eseguiti dalla sezione corale del circolo Apollo di Gorizia, diretto dal maestro Rodolfo Penso. Si trattava – secondo la titolazione dell’etichetta – di Gurizze biele, Il çant dal Friul, No puès plui sta cussì, La rosade, Dagi un tich a che puarte, E vò stele, Il barcarul, Che violute palidute, Su le plui alte cime, El gial al çiante, Se savezis fantazinis, Benedete l’antigae, Ves chei voi çome das stelis. <br />
Nei cent’anni seguiti, da quei quattro dischi di gommalacca è disceso un fiume di documenti sonori, diramatosi in case italiane e straniere, in registrazioni per emittenti radiofoniche, fonoteche e musei, in memorial incisi presso i circoli culturali friulani all’estero. Su questa sterminata produzione fa oggi il punto Il Çant dal Friul – Dischi e registrazioni storiche del Friuli, monumentale saggio scritto da Bruno Rossi per i tipi di Pizzicato e dell’Usci – Unione società corali del Friuli Venezia Giulia (595 pagine, euro 60,00).
Il titolo nella grafia, è desunto proprio da quella adottata dal poeta e glottologo Ugo Pellis, autore del testo per l’originaria incisione Columbia. Alcune parti di questa, assieme ad altre interessanti esecuzioni antiche, per un totale di 27 brani, sono poi riportate in un cd allegato al volume, che consta di quasi seicento pagine, redatte in corpo abbastanza ridotto. In esse si restituisce ciò che esiste (o è esistito, l’autore avverte che del 15-20% del materiale inventariato non si è trovato l’originale, ma solo la traccia documentale) in materia di musica, tradizioni e storia orale del Friuli.
Un’opera titanica, frutto di un lavoro durato sette lustri e condotto con caparbietà e capacità di lavoro analitico ammirevoli, come nota in sede di prefazione Gianpaolo Gri (per darne un’idea, solo l’elencazione dei titoli, con i rimandi alle diverse esecuzioni, si prende una novantina di pagine). E si tratta di un lavoro fatto, in qualche modo, controcorrente. Perché l’idea prende forma all’indomani del 6 maggio 1976, in un momento nel quale si avverte come dietro i drammi ed i lutti del sisma avanzi anche un cambiamento che può portare alla cancellazione di interi banchi di memoria e mettere a rischio la stessa identità della Piccola Patria.
«Ricordo perfettamente la riunione, tenuta nel Filologica, anzi, ne ho ancora la registrazione – racconta Bruno Rossi . Con me c’erano Roberto Leydi e dei ricercatori locali, Pierpaolo Sancin, Pavle Merkù, Edy Kanzian e Roberto Starec. Ma l’idea di creare un archivio di registrazioni presso la Regione venne bocciata da quest’ultima e poi anche dalla Provincia di Udine: quanto già esisteva doveva bastare. Così ho pubblicato un paio di saggi, nel tempo, e continuato a raccogliere informazioni e materiale, tutto a mie spese. Ho tentato anche di ottenere da un’agenzia di viaggi un aiuto per andare a registrare le sopravvivenze orali nei fogolârs dell’Argentina, ma ero senza padrinaggio politico e non se ne fece nulla. Posso dire con grande serenità che non sono mai stato aiutato da nessuno. La stessa Filologica non ha mostrato grande interesse per il mio lavoro e per l’idea di un archivio sonoro: questo libro esce solo grazie alla sensibilità e all’impegno diretto dell’Usci».
Impossibile restituire la ricchezza di informazioni del libro: si tratta sostanzialmente di uno straordinario catalogo, da consultarsi, dunque, più che da leggersi. Eppure riesce a catturare l’attenzione, pagina dopo pagina, via via che svela un patrimonio immenso, cui nessuno aveva sinora pensato di dare ordine e sistemazione. La ricerca è stata fatta presso le case discografiche (che spesso vivevano l’espace d’un matin, e rinascevano con altro nome), negli archivi delle emittenti istituzionali anche non italiane (a esempio, le fonoteche della Svizzera e della Slovenia) e anche consultando i musei etnografici territoriali: ne escono, oltre alle villotte popolari e ai canti d’autore, oltre alle esecuzioni di musica classica scritta da autori friulani, incisioni in molti casi inaspettate. La Messa dello Spadone e le omelie di padre Turoldo, ad esempio, le registrazioni della comunità ebraica goriziana e le interviste su leggende, credenze, tradizioni. E poi Brecht in friulano, la motivazione della Medaglia d’oro al Friuli per il valore nella guerra di Liberazione, i documenti sonori e le testimonianze del terremoto, le campane di Grado. Ragguardevole lo spazio destinato alle produzione legata alla minoranza slava, con dischi e nastri dedicati alla Val Resia, alle Valli del Natisone e al Collio.
L’Arca di Rossi consegna un’immensa eredità ad un popolo ormai in buona parte di essa inconsapevole (e destinato a diventarlo sempre più, grazie all’azione di audiovisivi di massa, major discografiche, iPod), fermandosi all’avvento del cd e del computer, che hanno reso possibile editare incisioni in maniera domestica. In un domani ci sarà spazio per altre ricerche che – come sottolinea sempre Gri –, muovendo da questo libro, potranno indagare come le stilizzazioni e i modelli di canto popolare formatisi nel tempo, sono stati oggetto di rivisitazioni e reinvenzioni che materiano il folclore musicale dell’oggi.

2 Risposte a “Friuli: l’editore Bruno Rossi pubblica Çant dal Friul – Dischi e registrazioni storiche del Friuli”

  1. Grazie di aver parlato di quest'opera.
    Hai per caso notizie su dove acquistarla?

    Grazie ancora

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