Friuli: Maggio è il mese della fronda verde

di CRISTINA BURCHERI

«In maggio si saluta il riapparire della bella stagione». Scriveva a fine Ottocento Valentino Ostermann informandoci anche che «in alcuni paesi s’indossano al primo maggio vesti più leggere, analogamente ad un costume dell’Austria, dove in tal giorno si indossano i pantaloni bianchi».
Il quinto dell’anno, nelle tradizioni popolari friulane, è il mese della natura e del suo risveglio simboleggiato dall’albero o dalla fronda verde da portare il processione o da regalare alle persone care. L’albero è il più elementare simbolo del rinnovato legame con la natura che si sta destando dalla staticità dei mesi invernali. Maìs erano chiamate le frasche che decoravano le vie per la processione del Corpus Domini e, ricorda Andreina Nicoloso Ciceri in “Tradizioni popolari in Friuli” (Società Filologica Friulana – Chiandetti editore): «nei Quaderni dei Camerari di Gemona ritorna spesso il termine màys a definire le frasche che si issavano per festa sulla chiesa e sul campanile».<br />
A Pontebba si festeggiavano i maggi. Nel Goriziano, a uso familiare erano i majùs, piccoli alberi o frasche spesso decorate con rami di ciliegio, che si ponevano alla soglia o alla finestra dell’amata. Sempre la Ciceri riferisce che, a Udine, «i maggi cittadini consistevano in scampagnate, a cavallo o senza, con balli e canti, come un piccolo carnevale fuori stagione con fiori e frasche al posto delle maschere». Tanto era simile al Carnevale che il primo giovedì di maggio era detto dies Jovis crispellarum, giovedì delle frittelle.
Per la Chiesa maggio è il mese delle rogazioni dell’Ascensione e della Pentecoste; ma è soprattutto un mese sacro alla Madonna. È lo studioso Mario Martinis – proprio in questi giorni in uscita con diversi volumi dedicati alla tradizioni friulane per “La Biblioteca del Messaggero Veneto” – che ci spiega: «La rosa, poi, chiamata regina dei fiori per i suoi molteplici simboli è stata associata anche alla Madonna, rosa delle rose, alla quale è stato dedicato il mese delle rose, e cioè maggio, con la pratica del rosario».
Passando dal sacro al profano, maggio è anche il periodo in cui cominciano a tenersi con più frequenza feste paesane in occasione di festività di santi patroni e di mostre dei prodotti della terra, degli asparagi in particolare. Ancora Martinis, a proposito del Friuli di un tempo, ci informa: «Parallele alle feste popolari della rinascita, si svolgevano molte cerimonie liturgiche legate spesso a usi popolari, come la festa di San Floriano (4 maggio), protettore degli animali in alcune località, e la benedizione del vino nella Slavia friulana per tracciare segni protreptici sul corpo
durante il lavoro dei campi, soprattutto contro il morso dei rettili».