Morto Alfeo Mizzau: il ricordo (audio) di Adriano Biasutti

Alfeo Mizzau, 82 anni, gia’ europarlamentare per la Democrazia cristiana, e’ morto ieri sera nella sua abitazione di Beano di Codroipo (Udine).  Per anni ricopri’ anche la carica di presidente della Societa’ filologica friulana. Nel "continua a leggere" il ricordo di Adriano Biasutti (da Telefriuli)



Esponente di spicco della corrente dorotea, Mizzau fu consigliere regionale del Friuli Venezia Giulia dal 1964 al 1984, poi assessore regionale all’agricoltura, alla cultura e agli Enti locali. Mizzau – da tempo sofferente a causa di un ictus che lo colpi’ una decina d’anni fa – lascia la moglie e quattro figli

Nel 1991 Alfeo Mizzau diede alle stampe un libretto in friulano, intitolato L’orloi di soreli, ovvero storia della meridiana orizzontale di casa Mizzau. Ne riportiamo alcuni brani.

«Par ricuardâ nestre mari che mi sveave a buinore par duc’ i àins di scuele, par chi las a Codroip a cjapâ il treno des sièt, cence vê, in cjase, ni svearine, ni orloi.
E in tanc’ ains no ài mai piardût il treno.
E pensâ che quant chi lavi ae universitât a Vignesie il treno al partive aes quatri e un quart di buinoris. «Mame cemût atu fàt?» j ài domandât dopo. «Eh, si tu savessis» mi diseve puare femine «tropis voltis chi mi sveavi e mi sfuarzavi, preant, di tignî viers i voi, par sintî a batî l’ore dal cjampanîli». Par fortune l’orloi dal cjampanîli di Beàn al bàt lis oris come chel di San Marc di Vignesie: ogni quart d’ore al bàt i quarts su la cjampane pizule e lis oris su che grande. Se a lave ben me mari a stave sveade qualchi minût, se a lave mâl squasi un quart d’ore. Il fât al stâ che in tanc’ àins di scuele jo il treno no lu ai mai piardût.
«Ma chist, chel di stâ sveade — a zontave me mari — al sucedeve d’unviâr, quant che ’l soreli al jevave tart. Cun la primevere o cjalavi tal barcon e o induvinavi subit ce ore che a jere».
Il soreli, si lu sa, al segne il timp de zornade; ma cui cjale, uè, il soreli quant che duc’ àn orlois, orloiùs, orloiòns? Me mari contadine no veve bisugne di orlois, a cjalave il cîl e a capive l’ore. Chist il parcê da l’orloi di soreli».

2 Risposte a “Morto Alfeo Mizzau: il ricordo (audio) di Adriano Biasutti”

  1. Aggiornamento funerali 17/10/2008

    La chiesa di Beano, strapiena di gente, ha accolto per l’ultimo saluto Alfeo Mizzau, democristiano dalla carriera brillante in tempi di politica con la “p” maiuscola, ma anche padre di famiglia, cultore delle radici contadine, uomo di fede, uomo del suo tempo. In un’atmosfera commossa, si sono stretti ai familiari molti amici, personaggi politici e amministratori di ieri e di oggi (da Cruder a Compagnon, Biasutti, Vatri, Tonutti), ma anche compaesani e giovani.

    La Messa è stata concelebrata dal parroco don Franco. Il sindaco Vittorino Boem, ha portato alla fine della liturgia i sentimenti di coroglio della comunità alla famiglia; presenti in rappresentanza della Provincia il presidente Fontanini, della Regione l’assessore Riccardi. Della Società filologica friulana, alla cui guida “Feo di Bean” fu dall’81 al ’95, ha partecipato l’attuale presidente Giovanni Frau.

    Se Alfeo Mizzau fosse morto nel 1992, quando fu colpito da un ictus che lo privò della sua principale caratteristica, la parola forbita e tagliente, la sua figura paradossalmente non avrebbe avuto quella connotazione profondamente umana, quale è emersa dal ricordo della malattia che il politico sopportò con grande dignità in questi ultimi 16 anni: quel calvario ha confermato la grandezza dell’uomo. Ma Alfeo, uomo e politico coerente, per altri aspetti fu anche un precursore e un profeta, come nell’europeismo e nell’autonomismo. Questo è stato ricordato nel corso dell’omelia. Il sacerdote ha ricordato le tappe di una brillante carriera politica. Dal consiglio comunale di Codroipo al Consiglio regionale, dove fu consigliere dal 1964 per un ventennio, assessore alla Cultura e all’Agricoltura dal 1973 al 1984, quando fu eletto deputato al Parlamento di Strasburgo, unico friulano della storia a ricoprire quell’incarico.

    Ma il celebrante ha ricordato anche un’altra serie di date, quelle del percorso di fede, dal battesimo al matrimonio, fino “al sacramento della malattia”. Accanto alla passione per la vita pubblica, quella della famiglia, i cui valori Mizzau non espresse solo a parole, ma realizzò nella propria esistenza.

    Rigoroso in tutto, dal vestire all’osservare gli orari, pronto allo scontro verbale e alle battaglie più aspre, Mizzau aveva però “un cuore di carne e non di ghiaccio”, come ha detto un suo “allievo” Vittorio Zanon, che, a fine celebrazione, ha raccontato come in quei tempi loro giovani percepissero quella figura di politico con un misto di fascino e di soggezione. “Ciò che fa il cristiano non è l’etica né l’impegno sociale, ma la fede”, era solito dire Alfeo Mizzau. E a chi lo contrastava riservava risposte altrettanto dure, ma senza poi portare rancore. Appunto un grande politico, un grande cuore.

  2. Dal Gazzettino del 19/10/2008

    Andrea Valcic

    È uscito di scena senza clamore, come del resto aveva improntato la sua vita prediligendo, come in molti hanno scritto, una rappresentazione pubblica del suo essere uomo politico, più simile all’agrario d’anteguerra che al dirigente democristiano. Anche il nome di penna che si era scelto, Feo di Bean, in qualche modo rifletteva la visione del mondo di Alfeo Mizzau, legata alla terra e ai valori di un cristianesimo senza dubbi o sussulti teologici: la tradizione come regola cui non si poteva trasgredire. Da qui anche il suo forte sentimento di appartenenza al Friuli, alle sue espressioni, al suo manifestarsi come lingua e cultura. Ma sarebbe riduttivo e forse anche un po’ vigliacco, affidare il ricordo di una personalità forte come quella di Mizzau solo all’elogio, alla lode acritica, senza sottolineare anche alcuni aspetti della personalità e dell’influenza che ha avuto nella nostra storia recente. Perchè se è vero che fu lui per la prima volta a parlare in marilenghe a Strasburgo in qualità di europarlamentare, sempre a lui dobbiamo al contempo la teorizzazione del friulano come lingua d’affetti, strumento naturale da usare in casa, in osteria, in quel borgo idealizzato in cui, assieme al campanile, rappresentava l’essenza stessa del popolo friulano. Mizzau contraddittorio? Suona quasi come blasfemo, eppure. Grande amore per la terra, per i contadini. Ma anche “la blave di Mortean” ha un duplice significato: quello buono si riferisce alla qualità della produzione, quello cattivo al carattere dei suoi abitanti. Perchè stupirsi allora se da questo attaccamento, nasca poi uno dei progetti più devastanti per l’agricoltura friulana, quel riordino fondiario che ha significato cementificazione della campagna e trionfo della mais-cultura. Linea di sviluppo si disse allora, di cui proprio Mizzau fu protagonista e convinto assertore.

    Con l’uomo di Beano se ne va una delle ultime figure di un mondo democristiano che non esiste più, una generazione cresciuta all’ombra delle parrocchie e di una chiesa che però non seguì nel momento della critica aperta alle condizioni di sottosviluppo in cui versava il Friuli alla fine degli anni ’60.

    Una Dc friulana che non raccolse la ventata di autonomismo di quel periodo, che in molti casi, e Mizzau fu uno di questi, preferì la strada della corrente interna, piuttosto che quella della libertà di scelta. Perchè in fondo amava il Friuli, ma solo se e fino a quando, si fosse limitato a giocar di briscola ed a ballar la staiere.

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