Nuove mode: il fitness cognitivo si va diffondendo

di FULVIO CUIZZA

Ormai passato il punto più alto dell’onda lunga che ha visto dominare la moda della muscolarità e della lotta all’ultimo sangue a qualsiasi deposito di grasso, la faccenda si articola maggiormente su un’idea più generale di benessere, più completo e più complesso , restituendo un po’ di spessore e di integrazione alla visione della persona nella sua unità. Su questa nuova onda culturale si è quindi cominciato anche a parlare di “fitness cognitivo”, termine intrigante che, come già accennavamo, richiama la possibilità e l’esigenza di una buona “manutenzione” e allenamento del cervello, per poterlo tenere in forma, e anzi incrementare le sue capacità di prestazione generali. Parallelamente sta aumentando la consapevolezza che lo stato ottimale, che permette di ragionare, di apprendere, di ricordare, di adattarsi, di creare, di pianificare in maniera bilanciata ed efficace, dipende sia dall’esercizio continuo sia anche dal tipo di esperienze che si fanno, dagli atteggiamenti mentali generali e dagli stili di vita che si praticano. Se le prime e ricche reti neurali che compongono il cervello sono infatti state “riempite” nei tempi dell’adolescenza, la loro modificazione, aggiornamento e adeguamento continuo dipendono dall’insieme dello stile di vita personale. In questa direzione, quanto maggiore sarà il fitness, lo stato di forma del sistema cognitivo personale, tanto maggiore sarà la capacità di prendere decisioni in nuove aree, di risolvere problemi nuovi e diversi, di adottare strategie efficaci di adattamento a nuovi contesti e di gestire al meglio lo stress delle nuove sfide e dei nuovi scenari. Le proposte sempre più diffuse di attività che stimolano i centri nervosi, come le nuove versioni elettroniche dell’enigmistica, sono certo utili e rappresentano qualcosa che sul piano fisico può essere paragonato a una ginnastica di base. Ottima in se stessa, ma soprattutto utile per essere pronti ad affrontare dinamiche più impegnative, con obiettivi più sfidanti, che sono quelli che riguardano i livelli esistenziali personali, gli atteggiamenti con cui ascoltare il mondo, interpretarlo e scegliere continuamente il modo di rapportarsi a esso. Gli stimoli a differenziare, rompere gli schemi abituali, usare “altri occhi” per vedere il mondo escono oggi dal contesto di proposte provenienti da un’area culturale spesso caratterizzata da un umanismo un po’ naïf, e iniziano invece a configurarsi come veri e propri strumenti di efficienza, strategie di lavoro, nuovi arnesi professionali che riguardano sia i singoli sia le organizzazioni. La riscoperta della complessità e dell’unità della persona e dei diversi modi per processare i dati e agire riguarda infatti appieno anche il rendimento professionale, nel quale i processi logici e le capacità nel riconoscere schemi ricorrenti si intrecciano con la plasticità, la flessibilità cognitiva nel cogliere nuovi rapporti, nuove strutture della realtà che possono rappresentare opportunità di sviluppo. Aziende come Google e Apple hanno inserito nelle loro sedi degli ambienti di socializzazione chiamati “covi Zen”, spazi dedicati all’incontro e allo scambio informale tra dipendenti, che diventano fucine di nuovi rapporti e di nuove idee. Senza cadere nel rischio di sopravvalutare queste proposte, né nella loro mitizzazione come una specie di panacea organizzativa, si tratta di coglierne il meccanismo, attraverso il quale viene stimolata l’apertura a nuove idee e punti di vista, e quindi alla possibilità di cambiare, magari verso quel tipo di professionalità di cui l’azienda avrà bisogno, e che potrebbe rappresentare anche una prospettiva di nuovi ruoli, nuove funzioni, nuove carriere. Il fitness cognitivo aumenta le opportunità, di tutti.