Paluzza: gli eredi dei cosacchi tornano in Carnia

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di Gino Grillo.
In occasione della ricorrenza del ritiro delle truppe cosacche alla fine del secondo conflitto mondiale, in questi giorni in Carnia sono tornati i cosacchi. Gruppi sempre più numerosi degli eredi di quella popolazione dapprima inviata in Carnia, annessa al Reich tedesco dopo il settembre 1943 da Hitler, tornano sui passi dei loro avi, molti del quali periti durante al diaspora verso le terre d’origine che finì per i più con una carneficina in Austria, appena oltre il confine italiano. I discendenti dei superstiti, molti dei quali rifugiatisi in paesi occidentali, hanno iniziato a riscoprire questa loro triste pagine di storia; a questi dopo la caduta del muro si sono uniti i figli e nipoti di quanti furono rispediti lungo le rive del Don e del Volga. In questi giorni a Lienz, in Austria, a Timau e a Paluzza sono arrivati gruppi di cosacchi per la cerimonia della ricorrenza. Fra questi il colonnello in pensione Sergey Petremko, che dal 2003 vive in Sardegna, fra i fondatori in Russia del Movimento per il riconoscimento dello spazio culturale dei cosacchi come patrimonio dell’umanità Unesco. «Un’associazione di volontari per la cultura – spiega -, che è alla base della vita dei cosacchi». Alla cerimonia presente Dimitry Fedorov che ha annunciato a Luca Piacquadio, degli Amici delle Alpi Carniche, l’apertura di un museo dedicato a quei tragici avvenimenti anche a Mosca e di voler costruire una cappella a Lienz, dove si trova il maggior numero di vittime caucasiche del 1945. A Timau anche l’arcivescovo della chiesa ortodossa Michele Domskoey, attualmente residente a Ginevra.