Referendum: niente da fare, Meduna resta in Veneto

Meduna di Livenza resta in Veneto. Il referendum per la secessione in Friuli Venezia Giulia è fallito. Al voto è andato solo il 42 per cento degli elettori del piccolo paese al confine con la provincia di Pordenone. Nelle prossime ore tutti i dati più aggiornati.
Già nella prima giornata di domenica l’affluenza si era limitata al 33 per cento e tutto faceva presagire un fallimento della consultazione.

Una risposta a “Referendum: niente da fare, Meduna resta in Veneto”

  1. Dal MV del 02/12/2008

    Il referendum pro Friuli è fallito, Meduna di Livenza resta in Veneto. Ha infatti votato solo il 42,1% degli aventi diritto. L’insuccesso è bruciante: non è stato neanche raggiunto il quorum. Per 216 voti. E lo spoglio delle schede ha riservato un’ulteriore, per quanto piccola sorpresa: dei 1123 elettori (su un totale di 2667 aventi diritto) 92 hanno detto no al passaggio al Friuli (8 le schede nulle, 1023 i sì).

    Ben altra cosa rispetto ai plebisciti di Cinto (91% di sí) nel 2006 e di Sappada (95% i sí) nel 2007.

    I medunesi dunque vogliono restare in Veneto. Meno deluso del presumibile il commento di Marica Fantuz che ringrazia chi le ha dato fiducia. Nessuna esultanza da parte del presidente della Regione Giancarlo Galan che invita i medunesi a unire le forze per chiedere al Governo di ottenere il federalismo.

    Marica Fantuz, la presidentessa del comitato promotore, dopo una estenuante campagna elettorale, non si dispera. Forse perché oramai, nelle ultime ore, la conclusione dell’avventura si era profilata all’orizzonte con una certa nitidezza. «Non posso essere delusa dalla risposta di oltre mille medunesi che hanno espresso la loro volontà di passare al Friuli – dice la giovane leader del movimento referendario – certamente i quasi seicento residenti all’estero hanno pesato come pure il maltempo cha ostacolato l’arrivo di parecchie persone al voto soprattutto tra gli anziani. Non avere raggiunto il quorum ci dispiace, ma non è certo un fallimento». Alla domanda se il comitato ricomincerà la propria battaglia, Marica risponde che entro 5 anni si potrebbe provare a riproporlo. Sempre che nel frattempo le cose non cambino grazie all’attuazione del federalismo fiscale. Ora è comunque piuttosto prematuro per dirlo. Non esulta (anche se un «c’era da aspettarselo» si legge tra le righe) il presidente Giancarlo Galan che commenta pacatamente il fallimento della consultazione referendaria medunese. “Non è né un bene né un male – dice il Governatore del Veneto – non gioisco né recrimino il risultato perché ciò che conta è il federalismo fiscale soprattutto in un momento di seria crisi economica com’è l’attuale».

    Un altro esponente del Carroccio, Gianpaolo Bottacin, consigliere regionale che si era schierato accanto al comitato referendario, non nasconde una certa delusione soprattutto per il mancato raggiungimento del quorum. «E’ sempre un peccato quando i cittadini scelgono di non esercitare un loro diritto di scelta – dice – sarebbe stato meglio per lo meno arrivare al quorum. In ogni caso chi ha voluto dare il proprio voto, lo ha fatto in maniera chiara, esprimendo il disagio di chi vive quotidianamente il disagio della differenza». Chi continua a non parlare è il primo cittadino Vincenzo Berri, che ieri si è dichiarato impegnato in attività professionali non legate al ruolo di sindaco. Quel che è certo è che Berri, più volte dichiaratosi neutrale, non si è recato alle urne per esprimere il proprio voto. Ma qualche conseguenza il primo cittadino dovrà pure trarla dalla consultazione referendaria, visto che ci sono oltre mille suoi cittadini che si sono dichiarati favorevoli al passaggio di Meduna al Friuli Venezia Giulia.

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