Ricostruzione: a chi non piace il “modello” Friuli

Gianfranco Ellero dal Gazzettino di oggi

Metà pomeriggio del 7 aprile. Con grande tristezza accendo il televisore per sapere ciò che sta avvenendo a L’Aquila e dintorni, povero Abruzzo, e capito su Rai 2. Vedo immagini già viste, purtroppo , e mentre penso che le macerie si assomigliano tutte, ascolto la smentita di una “voce” messa in giro ad arte, si sa bene perché, riguardante l’imminenza di una nuova tremenda scossa. Sta parlando un esperto (non sono riuscito a leggere il suo nome), che risponde alla domanda: come reagirà la popolazione alla tremenda catastrofe? «Ho visto – dice – diverse emergenze, e so che la gente reagisce in maniera diversa, da luogo a luogo, per ragioni socio-ambientali. In Friuli, ad esempio, la popolazione ha dimostrato fermezza nell’accettazione dell’accaduto, e a badilate sulle mani ha respinto qualche sciacallo. In Irpinia dopo pochi giorni “i camorrosi” si disputavano a colpi di pistola i depositi delle coperte inviate per i soccorsi».<br />
      Interviene subito Cecchi Paone, seduto fra gli ospiti in studio, per dire: «Allora lei sostiene che i friulani sono più bravi degli irpini. E’ bene puntualizzare”. L’intervistato riparte dicendo: «Non ho detto questo. Sono meridionale anch’io…», ma non lo lasciano continuare. La conduttrice si sovrappone dicendo che, sì, è bene puntualizzare, e poi esclama che sta per andare in onda un nuovo servizio dall’Abruzzo, lasciando nei telespettatori non soltanto la curiosità per una risposta non pervenuta, ma anche la certezza che non è bene tirare in ballo il buon esempio del Friuli.
      Del resto, qualche anno fa a Roma, un consigliere della nostra Regione, ospite di un alto funzionario statale, si è sentito dire: «Voi friulani siete dei fessi. Avete fatto tutto presto e bene, sprecando un’ottima occasione». Leggasi: un’ottima occasione per trasformare una catastrofe in un colossale rubinetto di denaro pubblico perennemente aperto.
      Ora noi, nell’esprimere il nostro cordoglio per la tragedia, vogliamo dire agli abruzzesi che c’è anche un modo friulano per uscirne, presto e bene, posto che la solidarietà non mancherà ma la ricostruzione dipende dalla gestione della ricchezza donata.
      Se c’è bisogno di un’autorevole testimonianza, si rivolgano all’onorevole Zamberletti, commissario straordinario per il dopoterremoto in Friuli, e sapranno come qui si è verificata una ricostruzione considerata come un modello a livello internazionale ma, evidentemente, non a livello italiano. All’on. Zamberletti dovrebbero rivolgersi anche i membri del Governo se, come in Friuli tutti ci auguriamo, vogliono evitare che il terremoto dell’Abruzzo si trasformi in un nuovo Belice e in una nuova Irpinia, modelli negativi che certo non riguardano le vittime ma le classi dirigenti di quelle regioni.
      A conclusione di questo appunto mi piace riportare il giudizio espresso dall’on. Zamberletti su uno dei gloriosi sindaci che guidarono la ricostruzione del Friuli: «Gino Molinaro fu uno di quegli uomini meravigliosi capaci di rappresentare un esempio luminoso non solo nella storia della sua comunità, quella di Buja, ma in quella più vasta degli uomini che hanno rafforzato le nostre istituzioni repubblicane dimostrando dedizione e senso del dovere al servizio della gente, contribuendo a dare un’immagine dello Stato di cui i cittadini potessero andare orgogliosi».
      Ecco, al martoriato Abruzzo auguriamo che il suo futuro sia costruito da molti sindaci e uomini politici degni, post mortem, di un simile elogio.