Team building: per capire chi è il leader tutti in barca


di GENNARO CORETTI

 
Sta prendendo piede e si sta diffondendo sempre più il charter manageriale denominato “team building” che letteralmente vorrebbe dire “costruire la squadra”. Uno skipper, assistito da un formatore, carica a bordo una mezza dozzina di dirigenti, talvolta al loro primo imbarco, per una veleggiata che può durare da un giorno a una settimana, a seconda dei risultati che si sperano di ottenere. Per le aziende più “dotate” c’è la possibilità di noleggiare più barche e di riempirle di manager che, dopo una breve infarinatura sull’uso del timone, delle drizze e delle scotte, dovranno destreggiarsi per competere in una “regata”. Lo scopo non è quello di ricavare degli equipaggi per la prossima Coppa America e nemmeno per la veleggiata di primavera, ma di studiare il comportamento individuale e di gruppo del vicecapo del personale che interagisce con il manager junior del reparto finanziario mentre l’esuberante addetto al marketing rimprovera l’assistente del direttore generale per come ha cazzato il genova. C’è poco da ridere in quel trambusto perché qualcuno intuisce che non è una vacanza premio e dai comportamenti rilevati l’azienda deciderà i futuri percorsi di carriera. In azienda, sotto le armi e anche nel nuovo modo di far politica, accade che a qualcuno arrivino i gradi del comando senza possedere l’indispensabile leadership che accompagna il titolo di capo. A bordo di una barca a vela emergono sempre con sorprendente evidenza le qualità d’interazione con il gruppo. Si scopre presto chi è il leader naturale, chi ha ascendenza su tutto il gruppo e chi invece perde il controllo e reagisce “contro” invece che “assieme” agli altri. Il timoniere dovrà dimostrare di sapersi concentrare per cogliere le differenze di andatura e mantenere la rotta più rettilinea possibile; chi tiene la scotta del genova non staccherà gli occhi dai filetti e ricorderà gli insegnamenti per lascare e per cazzare in modo da sfruttare al massimo il vento e poi, alla virata, non perderà il controllo della situazione e dimostrerà di essere coordinato nei movimenti. Ebbene ci potrà essere anche chi non ha un ruolo preciso: prodiere in virata per passare il fiocco, aiuto del randista o di chi deve passare da una scotta all’altra del genova. Ecco che anche lui, apparentemente disoccupato, dimostrerà intuizione, disponibilità e prontezza per intervenire in tutte le situazioni. Viene spontanea la riflessione: ma serve soltanto alle aziende o può essere applicata anche ad altri gruppi operativi? Certo che sì, dico io, pensando ovviamente ai nostri uomini politici: mettere in equipaggio anche gli appartenenti allo stesso partito, allora sì che ci sarebbe da divertirsi, soprattutto se il vento rinfresca, il mare s’ingrossa e la terra non è poi tanto vicina. Non ipotizzo i ruoli, ma sono più che certo che anche i vertici della saldissima maggioranza, rischiando “in proprio”, farebbero vacillare la loro coesione. Con le onde di appena due metri e con 30 nodi di vento indovinate chi urlerebbe di più: Gasparri, Cicchitto, Berlusconi, Capezzone, Brambilla, La Russa o Tremonti? E Brunetta e Alfano? Se affondano è una disgrazia, se arrivano in porto è una catastrofe… politica! Buon vento… a chi?