Terremoti: cambia la mappa del rischio, ora trema anche la Slovenia

L’Africa spinge verso Nord e preme inesorabile sull’Europa, sullo Stivale, sulle Alpi. Un fenomeno geologico che dura da sempre e che provoca terremoti lungo la Penisola italiana ma anche a Nordest e nella dorsale balcanica vedi le ultime scosse in Slovenia.

In questo senso vanno interpretate sia le scosse devastanti in Friuli nel 1976 e nell’Irpinia pochi anni più tardi, ma anche gli eventi sismici assai meno gravi registrati nei giorni scorsi in Veneto, fra Erto e Cimolais e in Slovenia, nella zona di Pivka a perciò a 40 chilometri in linea d’aria da Trieste, con un’intensità di 3,7 gradi della scala Richter. Previsioni precise non sono scientificamente praticabili, tuttavia è possibile che nuovi, importanti eventi sismici possano avvenire non tanto dove già sono avvenuti, ma piuttosto a Ovest del Friuli centrale o a Est, in territorio sloveno. Parola di sismologo.

Alessandro Rebez, triestino, è un geologo specialista di terremoti alla sede regionale dell’istituto nazionale di geofisica e oceanografia sperimentale (Ogs), ma in prestito alla centrale della Protezione civile, a Palmanova: mostra le mappe sismiche che riassumono con colori diversi il catalogo storico e quello contemporaneo, vale a dire che nel primo caso si va dall’anno Mille al 1970 e nel secondo si spazia negli ultimi 40 anni scarsi. «C’è un arco – spiega Rebez – che a est affonda nella penisola balcanica e a ovest arriva fino sopra Asiago, ai margini della placca adriatica. Questa formazione subisce il "pressing" della crosta rigida, che spinge la placca europea verso Nord».

Tuttavia, in linea di principio, «non vi sono i presupposti per preoccupazioni importanti, poiché le ultime scosse, in generale quelle di questi anni, rientrano nel normale comportamento sismico del nostro territorio. In particolare riguardano la fascia che dalla zona di Asolo sale a Nordest lungo la pedemontana pordenonese, dietro Aviano per capirci, si allunga verso Gemona e comprende le Alpi e Prealpi Giulie». Pensiamo alle scosse registrate nella zona di Bovec (Plezzo) o a Caporetto: «La formazione geologica interessata arriva al Monte Nevoso, oltre Trieste, e giù lungo la costa della Dalmazia», mostra l’esperto sulle sue carte.

La tendenza geologica interessa direttamente l’arco delle Alpi «similmente a quanto avviene per la catena himalayana», spiega Rebez, soltanto che «le Alpi sono più basse» mentre laggiù la spinta presenta un notevole "accorciamento". Entrambe le catene, tuttavia, sono sotto pressione e perciò tendono ad innalzarsi. E siccome «l’attività sismica è correlata all’attività tettonica, è chiaro che tutti i terremoti in Italia condividono la stessa origine, potremmo dire lo stesso "motore" che muove il fenomeno generale».

D’accordo, ma la faccenda più importante è il rischio di terremoti. La domanda regina resta sempre: dove è più probabile che il sisma colpisca duro? «Certezze non esistono, statistiche e valutazioni scientifiche invece sì», premette Rebez. «Dal terremoto di Bovec nel ’98 in quella zona che da lì arriva al Monte Nevoso abbiamo registrato pochi eventi sismici. Una zona che appare tranquilla, anche fra Cividale e Idrija. E che forse potrebbe sviluppare un terremoto di media intensità. Potrebbe, ripeto, per quanto la città di Trieste non rischi molto e sia finora sempre rimasta indenne dalle scosse più importanti». Eccezion fatta per quella del 1511 allorché crollò una torre del porto, peraltro già danneggiata dai cannoni di Venezia. «Una possibilità simile a questa, sempre considerando la storia sismica e la bassa attività sismica lungo la dorsale Nordest-Slovenia-Balcani, non è remota fra la Carnia, le montagne pordenonesi e il Veneto orientale».

Paradossalmente, «è assai improbabile una scossa importante nei luoghi colpiti in Friuli nel ’76 – afferma il sismologo, coautore dei cataloghi storici – dove si svilupparono eventi di 6,4-6,5 gradi Richter. Fenomeni di tale intensità presentano statisticamente un periodo di ritorno variabile fra gli 80 anni e il secolo».