Tolmezzo: no all’Unione montana della Carnia, da parte dei sacerdoti della forania di San Pietro in Carnia-Paluzza

No all’Unione montana della Carnia. È una posizione chiara quella dei sacerdoti della forania di San Pietro in Carnia-Paluzza, che si dichiarano «contrari all’unanimità» alla legge regionale 14/2011 «Razionalizzazione e semplificazione dell’ordinamento locale in territorio montano. Istituzione delle Unioni dei comuni montani». E «non perché non si debba pensare a una razionalizzazione e semplificazione dell’ordinamento degli enti locali», anzi. Ma «per il modo discriminatorio (non riguarda tutte le realtà regionali) e irrispettoso nei confronti dei cittadini delle zone montane (per un problema così vivo, importante, si doveva ricorrere a un referendum regionale)» con cui è stata fatta la legge.

La presa di posizione (TESTO) di don Santo Caneva, mons. Giordano Cracina, don Harry Della Pietra, don Gio.Batta Del Negro, mons. Ivo Dereani e don Tarcisio Puntel, espressa nell’inserto al Bollettino parrocchiale di Pasqua rivolto a tutte le famiglie delle parrocchie della forania, nasce dal «legame con le nostre comunità paesane», dalla profonda convinzione e consapevolezza «che non possiamo essere estranei e, tanto meno, indifferenti ai problemi sociali-politici delle comunità, problemi che, in rapporto alla loro “soluzione”, possono determinare un arricchimento oppure un ulteriore impoverimento del “vivere in montagna”».

Le riflessioni dei sacerdoti della forania prendono spunto dal titolo della legge. «Comprendiamo la necessità di razionalizzare e semplificare le cose – spiegano –. Le parole che ci mortificano sono quelle orientate a razionalizzare e semplificare solo i comuni montani. Perché chi ha il compito in Regione di elaborare progetti di legge e leggi non ha pensato a razionalizzare e semplificare tutto ciò che in regione deve essere razionalizzato e semplificato, a iniziare dal numero dei consiglieri regionali, provinciali, dai loro stipendi e vitalizi, liberando il vivere regionale da tutte quelle strutture e infrastrutture inutili, doppie? E perché non razionalizzare e semplificare anche i comuni della pianura? Perché tale provvedimento di legge intacca solo i comuni montani?».
Una seconda osservazione riguarda le finalità della legge. «L’obiettivo economico appare evidente», scrivono i sacerdoti, citando il comma 2 dell’articolo 1, riferendosi al passaggio in cui si ricorda il «fine di migliorare i livelli di (…) economicità» dell’«azione amministrativa del sistema delle autonomie locali del Friuli-Venezia Giulia». «Ciò che suscita tantissimi dubbi e perplessità sono le altre finalità della legge: “migliorare i livelli di efficacia ed efficienza” dell’azione amministrativa dei Comuni, “tenuto conto degli obiettivi di valorizzazione, tutela e promozione dello sviluppo socio-economico dei territori”. Quante volte sono state usate queste espressioni chimeriche per la montagna!».
E ancora, «ciò che sembra addirittura assurdo, a noi sacerdoti della forania, è che un’unica Unione – l’Unione montana della Carnia – abbracci tutti i 28 comuni della Carnia! Ma era così difficile pensare e progettare una razionalizzazione e semplificazione che contemplasse almeno “quattro zone” della Carnia in modo tale che gli attuali comuni più piccoli potessero avere una voce significativa sotto ogni aspetto? È verissimo – proseguono – il detto popolare dei nostri avi “L’unione fa la forza”, ma anche il detto popolare “Ubi maior… minor cessat”, cioè dove c’è il grande, il piccolo sparisce».
L’ultima osservazione, la quarta, riguarda l’articolo 4 della legge (natura e funzioni delle Unioni montane). «Quale autonomia rimarrà agli attuali Comuni della Carnia – si chiedono i sacerdoti –, una volta trasferite le funzioni dai Comuni alle Unioni dei comuni montani? È nella risposta reale, concreta (non fittizia, diplomatica, giocoliera) a questa domanda che sarà possibile trarre il quadro reale generato dall’applicazione della nuova legge in Carnia. Per tutti questi motivi, perplessità e interrogativi, noi sacerdoti della forania siamo, all’unanimità, contrari a questa legge».
I margini per cambiare le cose ci sono. «Gli strumenti per rivedere, variare e, addirittura, abrogare una legge esistono – concludono –. Il problema è: cosa pensano i sindaci dei 28 comuni? Cosa pensano i carnici? Le scelte più importanti del “vivere insieme” vanno fatte insieme». Un punto sul quale non potranno non interrogarsi i primi cittadini dei comuni coinvolti nel piano di riorganizzazione degli enti locali assieme ai tre componenti delle minoranze consiliari che andranno a comporre l’assemblea dell’Unione montana della Carnia, presieduta dal sindaco di Tolmezzo, Dario Zearo. L’assemblea si insedierà martedì 15 maggio, alle 18, nella sede della Comunità montana. Due i punti all’ordine del giorno: individuare i percorsi per definire lo statuto dell’Unione e per impostare le azioni per il piano di subentro del nuovo ente.

2 Risposte a “Tolmezzo: no all’Unione montana della Carnia, da parte dei sacerdoti della forania di San Pietro in Carnia-Paluzza”

  1. bravi, un tempo si diceva che andare contro i preti non portasse tanta fortuna. SPERIAMO SIA COSI’ a cominciare da coloro che gridavano “Dio Patria e Famiglia” ed ai loro leccapiedi.

  2. Ciao, grazie per lo spazio che hai ritenuto offrire ai tuoi lettori. Innanzitutto trovo aberrante che amministratori in carica come il governatore Tondo ( capace di far nascere un’istituzione-aborto spacciandola per viva e vegeta) o loro competitori (es. l’approccio della Serrachiani, che candidamente ammette di fregarsene delle piccole autonomie locali) possano affrontare temi delicatissimi con superficialità disarmante. Chi avrà ancora coraggio di parlare dello spopolamento della montagna dopo tali solenni figuracce e danni irreversibili arrecati? Non sarà che in altri angoli del mondo ci siano esperienze simili che hanno qualcosa da insegnarci?
    Non sarà che la vicina Austria è amministrata da comuni piuttosto grossi,con figure come il “pro-sindaco”a tutela delle località meno popolose? Non sarà che pochi anni fa si esigeva una provincia dell’alto friuli mentre ora la si vorrebbe trasformare in un maxi comune? Non sarà che un abitante di ligosullo impieghi meno tempo ad arrivare al mare che a forni di sopra ( appartenente al mega comune carnico)? Certo, Ha visto lungo la Chiesa, che al suo interno si è organizzata in foranie, i cui perimetri avrebbero molto da insegnare ai nostri politicanti. Di questi tempi è amministrata da preti con più parrocchie, quasi sempre capaci di gestire l’autonomia di ogni singola parrocchia. Le risposte ci sono,e come appena illustrato sono ineccepibili: le si legge nella storia, nelle piantine geografiche,nella cultura, nella situazione economica e sociale di ogni singola comunità. Ciò stride con l’ incompetenza e la smania di potere di alcuni politici a scapito di ciò che è sotto gli occhi di tutti. Intanto Arta Terme con i suoi alberghi è costretta ad assistere impotente a progetti e manovre spartitorie circa il rilancio del turismo in carnia, naturalmente ignorando la realtà esistente ( in questo caso alberghi semivuoti)e purtoppoquesto non è che un piccolo esempio!. Pare che sessant’anni addietro ci fossero impulsi culturali e menti raffinate da poter immaginare politiche sane di sviluppo per la Carnia. Ora non sappiamo gestire il terrotorio. Ma a Trieste che ci fa uno che non sa governare l’orto di casa sua? Almeno il governatore del caffè’ sapeva che la Carnia non inizia e termina a Tolmezzo o al massimo a Verzegnis! Rifondiamo la Carnia, fatta di patrimoni da condividere e non di rendite di posizione da far fruttare. Mandi

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