Trieste: va in scena “Una questione di vita e di morte. Veglia per E.E”

 

Arriva a Trieste Una questione di vita e di morte. Veglia per E.E. di e con Luca Radaelli, venerdí 12 un fuori abbonamento al teatro Orazio Bobbio. Uno dei pochi esempi di teatro civile in Italia – questo focalizzato sul caso di Eluana Englaro – a coronamento di una fortunata tournée. «Girerà ancora, non tanto quanto vorrei, una ventina di repliche, perché c’è tanto pregiudizio», promette il regista e attore. «Perché lo avversano politicamente o c’è la paura di contestazioni»
Luca parla di questa pièce come di una veglia, anche se i tempi teatrali ci sono tutti e lui sta raccontando una storia. «Il pubblico assiste a un momento eucaristico di forte emotività. Io entro in punta di piedi, faccio dei canti, distribuisco vino e biscotti. È una veglia al defunto. Non sto facendo un comizio pro Englaro come oggi succede con la sovrapposizione tra gli aspetti politici e il teatro, vedi i comizi di Beppe Grillo o quelli di Marco Travaglio, nei teatri. La mia non è una posizione politica. Offro una serie di punti di vista, agganciandomi anche alla letteratura e alla filosofia per far riflettere. Voglio far capire come ci si può sentire nei panni di Beppino». «Io abito a Lecco – prosegue Radaelli – vicino a Beppino e mi sono trovato a vivere di riflesso la situazione che lo vedeva al centro delle polemiche prima per la decisione di sospendere l’alimentazione forzata alla figlia, in coma dal 1992, e poi per averla ottenuta. Ci ho riflettuto parecchio e dopo la morte di Eluana ho chiamato Beppino che conoscevo soltanto attraverso la televisione e gli ho proposto il teatro come luogo per affrontare questa vicenda in maniera diversa dalla televisione o dall’agone politico. Lui mi ha lasciato estrema libertà per esprimermi secondo il mio punto di vista, laico, e la mia sensibilità. Gli ho fatto leggere a mano a mano le stesure parziali per non dire scorrettezze, perché bisogna definire la realtà dei fatti. Si parte dalla vicenda Englaro, ma il discorso si allarga a riferimenti autobiografici, toccando anche aspetti filosofici e antropologici».
Quello che si chiede Luca è perché oggi nella nostra società si faccia fatica ad affrontare il discorso della morte. Al massimo lo si spettacolarizza – vedi il caso di Avetrana –, ma non c’è piú quel rapportarsi con naturalezza con questo che è un evento naturale della nostra esistenza (basta leggere autori come Ariès, Baudrillard, Lebrun che sul tema hanno scritto alcuni dei saggi piú interessanti).
«Anche chi è laico si affida alle pompe funebri, alla messa, al prete, ma il tutto viene risolto in maniera meccanica, invece bisogna recuperare questo momento della vita». Radaelli dice che di Beppino lo ha colpito, quando ancora non lo conosceva personalmente, la forza «con cui ribadiva la sua visione confrontandosi con grandi anchormen. Teneva testa a tutti con il suo impeto e la passione», mentre, una volta conosciuto, si apprezza «la sua semplicità e la forza interiore». «Englaro si è ribellato a una legge che non capiva e non riteneva giusta ed è riuscito a ottenere l’interruzione dell’alimentazione forzata grazie a una sentenza, attenendosi sempre alla legge, dove si diceva che Eluana non aveva bisogno di queste cure. Avrebbe potuto chiedere la domiciliazione per Eluana e farla finita tra le mura domestiche e invece non l’ha fatto, forse proprio per le sue origini montanare, carniche, che lo rendono diretto e limpido nel suo modo di agire».
Erica Culiat