Udfine: riapre con più collezioni il museo etnografico

di Stefano Palazzi

Il museo etonografico di Udine si appresta a riaprire ai visitatori rinnovato e arricchito dopo una lunga serie di interventi e trasformazioni. Aperto nel 2008 e ora riallestito è allo stesso tempo «in continuità ideale con lo spirito che ne aveva promosso l’istituzione e una novità significativa per Udine». L’appuntamento è per il 22 ottobre prossimo. Il museo proporrà tre dimensioni espositive: una parte permanente, altre dove a un tema generale si faranno corrispondere mostre a rotazione e infine spazi per approfondimenti temporanei
La playroom per i bambini. Al primo piano, nel “cuore” del museo, si trova un video che, oltre a fungere da presentazione del progetto-museo, vuole essere un momento di suggestione estetica. Sempre al primo piano un altro luogo fondamentale è il salone, dove organizzare conferenze, incontri e mostre. Pensata appositamente per i bambini è invece la playroom al secondo piano, spazio raccolto dove ripensare in forma giocosa ciò che si è visto mentre una vera e propria sala didattica attigua al museo attende sperimentazioni e attività di laboratorio. Attraverso il percorso espositivo però vi sono altri angoli dove poter “toccare e sentire”, con pannelli tattili, lenti di ingrandimento, raganelle in prova. Gli itinerari, articolati sui tre piani del palazzo, sviluppano ampie aree tematiche, all’interno delle quali si collocano apporti monografici e approfondimenti a più livelli attraverso apparati testuali, fotografici e audiovisivi. I temi che animano tale struttura sono molteplici ma seguono alcuni grandi filoni.<br />La famiglia, la comunità. Al piano terra è affrontato il primo tema, quello del vivere in famiglia e in comunità. Esso è stato prevalentemente sviluppato attorno al fogolâr nelle sue diverse accezioni e ai riti che scandiscono il ciclo dell’anno. Dal concetto di fogolâr come nucleo familiare si passa a quello dei fogolârs, come vivo simbolo di una dimensione comunitaria e identitaria che si rafforza nel processo migratorio. Ma il fogolâr è innanzitutto uno spazio concreto, attorno al quale si scandiscono le pratiche della vita quotidiana. Tempo e spazio sono cadenzati dai gesti attorno al fuoco, la cui ripetizione funge da filo conduttore. L’irrompere della festività spezza e al contempo conferisce ritmo e unità alla vita comunitaria. Chiudono il piano terra aree dedicate all’illuminazione, all’esperienza orologiaia carnica e alla ceramica da cucina e da tavola.
L’anima e la scienza. Al primo piano i protagonisti sono “anima e corpo” con l’avvio di un percorso sul sacro, che prevede scambi e promesse fatte al divino, il culto dei santi e delle reliquie e infine i segni del sacro nel paesaggio e negli oggetti della vita quotidiana. Collegato alle questioni di spirito e corporeità è anche il settore dedicato ai modi della medicina. Prendendo come punto di riferimento il passaggio tra XVIII e XIX secolo in particolare, ci si focalizza sulle sue diverse declinazioni: medicina popolare, erboristeria e farmacopea, chirurgia.
La musica e il gioco. Arricchiscono il piano due aspetti fondanti del vivere in comunità: la musica e il gioco. Nel primo caso si pone un accento particolare sul rapporto tra musica e momento rituale e legame tra canto, suono e ballo per scandire feriale e festivo; nello spazio dedicato al gioco si procede con una carrellata che comprende giochi tradizionali, animazioni e incanti della piazza.
Il telaio e le vesti. L’ultima parte è dedicata completamente all’abito, sia dal punto di vista delle tecniche artigianali per produrre i tessuti, sia nei suoi significati per la rappresentazione di sé nei diversi contesti.