Udine: mano tesa di Mazzoccato a don Di Piazza, collaboriamo


DOMENICO PECILE dal MV di oggi

 
Molto, molto di più di una semplice visita, una delle tante che l’arcivescovo sta effettuando nelle chiese della Diocesi di Udine da quando, quattordici mesi fa, si è “insediato” in Friuli. Ma molto, molto di più anche di un incontro pastorale. La “stretta” di mano tra monsignor Andrea Bruno Mazzocato e don Pierluigi Di Piazza rappresenta, infatti, uno di quegli avvenimenti impressi nella storia della chiesa friulana e che può essere riassunta in un’esortazione che più volte il presule ha espresso nel corso del suo intervento: «Collaboriamo» <br />
Di Piazza, il prete impegnato, il prete politico, il prete degli ultimi, il prete a volte scomodo, non è mai stato particolarmente coccolato dalle gerarchie ecclesiastiche. Ma ora qualche cosa s’è mosso. La svolta, in realtà, era arrivata già nei giorni scorsi quando l’arcivescovo lo aveva voluto nel Consiglio presbiterale. Insomma, molto di più di un gesto simbolico, o di un tentativo di fagocitare il prete “ribelle”.
Lo si è capito ieri nel corso della visita dell’arcivescovo alla parrocchia di Zugliano e al Centro Balducci, «un’isola dell’accoglienza» come è stata più volte definita. Proprio nella sede del Centro, di fronte a circa 200 persone, tra cui la stragrande maggioranza dei 54 ospiti attualmente presenti, monsignor Mazzocato – accolto da canti e balli africani – ha assistito in silenzio al susseguirsi di interventi—testimonianze su una parrocchia che fa della solidarietà e, appunto, dell’accoglienza la sua quotidianità. Hanno parlato uno dei 10 catechisti, alcuni ragazzi, esuli, immigrati, gente scappata dalle guerre, persone di diverse religioni.
Monsignor Mazzocato ha ascoltato in silenzio prima di parlare e di ringraziare i presenti «per le forti testimonianze». «Con Pierluigi – ha aggiunto –, al di là di alcune interpretazioni che ho ascoltato in questi giorni, ci siamo sentiti più volte. Oggi sono qui perché sto compiendo il giro delle parrocchie e delle chiese. Ne ho già visitate circa cinquecento. Sono qui per ascoltare, per capire. Conoscevo il Centro per sentito dire; oggi l’ho toccato con mano e ritengo di avere compreso molto di più di questa esperienza e del bene che ha fatto e sta facendo».
Rivolgendosi agli ospiti del Centro, il presule ha rimarcato «di essere contento che abbiate trovato un punto di riferimento così familiare. Il Centro Balducci è uno dei luoghi di accoglienza che operano nella nostra Diocesi e sappiamo – com’è stato giustamente sottolineato nell’ultimo vostro intervento – che è fatica accogliere e farsi accogliere, perché la prima reazione di fronte alla diversità è quella di fermarsi a vedere».
Poi è arrivato l’appello rivolto direttamente a don Di Piazza: «Mettiamo assieme le nostre esperienze, apriamoci al dialogo e collaboriamo. In questo come vescovo mi sento impegnato in prima persona. Ho voluto don Di Piazza nel Consiglio presbiterale per una ragione molto semplice: si lavora assieme soprattutto con quelli che hanno qualche cosa da dire e da proporre».
E poco prima, nell’incontro con i fedeli in chiesa, lo stesso arcivescovo si era dichiarato aperto al dialogo e alla condivisione «perché la Chiesa si forma tutti assieme con le varie voci e con le varie esperienze». Insomma – aveva esortato – «dobbiamo capirci, costi quel che costi. E, dunque, camminiamo insieme nel dialogo. Lo dico a don Di Piazza come però lo dico a qualsiasi altro».
Anche don Di Piazza ha parlato di un incontro importante «perché l’arcivescovo ha potuto toccare con mano la realtà del Centro Balducci». Il parroco si è infine detto contento di essere stato nominato nel Consiglio presbiterale dove poter portare la sua testimonianza.