Un nuovo “Dizionari ilustrât”

I vocaboli, rigorosamente tutti in friulano, sono oltre 1200, con tanto di semplici disegni illustrativi per chiarirne ulteriormente il significato. Pubblicazioni e, soprattutto, strumenti utili all’insegnamento della lingua friulana, in questi ultimi anni, ne sono usciti in gran numero. Tutti, ovviamente, concorrono al mantenimento e alla conoscenza di quella madre lingua che, in genere, è più parlata che scritta e letta. Però c’è anche un grande impegno per insegnare o meglio trasmettere alle nuove generazioni la lingua friulana, patrimonio culturale di un popolo.
Sono senz’altro queste alcune delle motivazioni che hanno spinto Sandri Carrozzo a compilare il Dizionari ilustrât (edizioni Kappa Vu, 96 pagine – 13,00 euro). Il repertorio prende in considerazione, prima di tutto, i termini riguardanti la casa, scrigno di valori, cassaforte di affetti. La casa, intesa come edificio visto dall’esterno, villetta o condominio, quindi la pianta con la distribuzione delle stanze: la cusine, il tinel, il bagn, il coridôr, il stanzin, lis cjamaris, il mezât. Poi tutti gli arredi da l’armâr, l’armaron, il scrign, la librarie a lis cjadreis, ma anche il televisôr, il videoregjistradôr e il telecomant. C’è anche il fogolâr con la nape, il cjadenaç, il cjavedâl, la bancje. Accanto la gratule e la panarie che, un tempo, era il mobile che conteneva la farina. Dopo la meticolosa descrizione della casa Carrozzo passa ad elencare la robe di mangjâ e i tempi, come la gulizion, il gustâ, la mirinde, la cene. Dunque l’abbigliamento estivo e invernale, quindi ampio spazio alle parti del corpo umano, versione femminile e maschile, e alla descrizione di tutte le ossa che compongono lo scheletro. Interessante poi la descrizione delle piante, cominciando dalle erbe spontanee per passare agli alberi: il peç, il pin, la dane, il ciprès, l’alaç, il tac, il morâr, il noglâr, il bedoi, il faiâr, il rôl, il cjastinâr, il pôl, il cocolâr, la agace, il tei, il vencjâr. Nomi friulani anche per gli animali domestici e per quelli selvatici. Poi si passa all’acqua (il palût, il sfueli, il canâl, il flum, la onde, il mar), alla terra (il savalon, la glerie, il clap, la ponche, il cuel, la culine, la spice, la planure), a tutta la nomenclatura del campo friulano, al fuoco (il fûc, la flame, la bore, la vampe, il fum, la cinise, la faliscje, la cidule) e all’aria (l’aiar, la bavesele, l’aiarin, il vint, l’aiarat, la bovadice, la trombe, la bissebove) e, a seconda della provenienza, il tramontan, il buerin, la buere, il levantin, il sclâf, il scjafoiaç, il garbin, il sirocâl, il zefir e il maistrâl. C’è poi tutta la terminologia riguardante le professioni e, poiché la pubblicazione è rivolta agli scolari, c’è tutta la nomenclatura di un’aula scolastica con l’insegnante in cattedra, i banchi e la scuelarie.<br />
Il Dizionari si avvale del progetto grafico di Paola D’Elia, le illustrazioni sono dello stesso autore e le rielaborazioni grafiche di Marta Venuti.
Sandri Carrozzo è presidente della Cooperativa Serling (servizi linguistici). È insegnante nei corsi di friulano e si è laureato in lettere classiche con una tesi sulle traduzioni dal latino al friulano. È stato responsabile della sezione terminologica, e lo è ancora per quella lessicografica, del Centri Friûl Lenghe 2000. È autore di diversi contributi di linguistica friulana, di politica linguistica, di storia e antropologia.