Uto Ughi: «È la tv la causa della nostra decadenza»


dal MV di oggi

«In Italia troppe cose avvengono nell’indifferenza generale, basta rivolgere lo sguardo alla cultura. Fino a pochi anni fa esistevano quattro orchestre della Rai, improvvisamente ne è rimasta una sola. E tutto è avvenuto nell’indifferenza generale, senza alcune reazione da parte dell’opinione pubblica .. Ma io sono qui per parlare di musica, non di attualità … dovete fermarmi …». È un Uto Ughi appassionato, coinvolto dallo stato di prostrazione in cui versa la cultura italiana, un Uto Ughi “indignato” – per dirla con bruciante attualità – quello che si è presentato ieri mattina nella Sala Ridotto del Teatro Verdi di Trieste, ospite dell’associazione Chamber Music e al tempo stesso suo illustre testimonial, grazie all’entusiasmante concerto proposto in serata al Teatro Verdi. Introdotto dal direttore artistico di Chamber Music Fedra Florit, il maestro non ha mancato di sgranare un suo personale cahier de doléance, stigmatizzando l’immobilismo asfittico in cui si dibatte l’Italia del 2011.  «Ha ragione Ernesto Galli Della Loggia: l’Italia è il Paese dei corporativismi chiusi – ha affermato ancora Ughi – Per questo non sarà possibile arrivare a riforme degne di tale nome, capaci di rivitalizzare i gangli nevralgici dello Stato. Come sempre, a prevalere saranno gli interessi di parte, le categorie che si chiudono e guardano al “particulare”, anziché al bene comune. Siamo diventati cinici, ed è anche la pessima televisione che ci abitua a questo cinismo, a questa indifferenza. Non solo: considero la cattiva televisione, quella che troppo spesso scandisce le nostre giornate, come la causa prima della decadenza culturale del nostro tempo». È su queste parole che il pubblico triestino ha fatto scattare il primo applauso a scena aperta per la giornata triestina di Uto Ughi, ancora “disarmato” del fido Guarneri 1744, che avrebbe imbracciato poche ore dopo, alternandolo con il rarissimo Stradivari “Kreutzer”, così soprannominato perché appartenne proprio al violinista cui Beethoven dedicò la famosissima Sonata. Stemperata l’indignazione, ecco finalmente i sorrisi del maestro: innanzitutto per il violinista Renato Zanettovich, fondatore del Trio di Trieste, splendido novantenne mischiato al pubblico nella platea del Ridotto. Calatosi nell’humus cittadino, Ughi ha auspicato prospettive più rosee per il Premio internazionale Trio di Trieste, minacciato dalla penuria dei fondi, e per il futuro dei giovani musicisti, rappresentati in sala dal direttore del Conservatorio Tartini Massimo Parovel. Con un sorriso Ughi ha ricevuto la targa riservatagli dal Comune di Trieste, consegnata dall’assessore alla Cultura Andrea Mariani, e il riconoscimento tributato dal presidente Commissione cultura della Regione, Piero Camber.