Nord-est: mancano le frequenze, switch-off digitale a rischio, emittenti televisive nel caos

Avevo espresso le mie preoccupazioni in quest’altro post mesi fa per le problematiche tecniche legate alla (non) ricezione del segnale digitale terrestre in montagna. Ma viste le tematiche che stanno emergendo ora, sembrerebbe essere messo in discussione addirittura lo switch-off nel nord-est previsto tra ottobre e novembre: questo perché le emittenti locali si stanno ribellando ad una non prevista penuria di frequenze di cui a Roma, nessuno si era reso conto nello stilare il piano per il nostro territorio. <br /> 
Il notevole vantaggio di tempo a disposizione per poter effettuare i preparativi e tutte le operazioni necessarie per un ottimale passaggio al digitale terrestre nel nord Italia è stato praticamente bruciato perché nostre le emittenti locali rischiano di vedersi assegnate frequenze di qualità scadente e non coordinate a livello internazionale, a meno che il Ministero non provveda quanto prima a trovare gli accordi bilaterali con gli stati confinanti al fine di rendere compatibile il gran numero di frequenze non compatibili. Ci si accorge ora che in Veneto, Friuli ed Emilia le frequenze disponibili si dimezzano a 27 dalle 55 previste, perchè le altre 27 sono andate a Croazia e Slovenia, secondo accordi internazionali ratificati nella Convenzione di Ginevra del 2006. Stando al Piano nazionale di assegnazione delle frequenze (Pnaf) pubblicato dall’Agcom, le 27 italiane sono tutte appannaggio delle emittenti nazionali e, alcune, dei colossi telefonici. Nella relazione tecnica l’Agenzia scrive di aver garantito “la pianificazione di almeno 13 “multiplex” a copertura regionale nella Pianura Padana per Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Marche, Friuli, le più critiche in termini di orografia e coordinamento internazionale, delle quali però non c’è traccia nello schema allegato. Quindi l’archiviazione dell’analogico rischi di coincidere con l’addio alle 27 televisioni locali, di fatto appena escluse dall’operazione dall’Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni)
 
La situazione più critica è per le emittenti Venete, che surclassano quelle del FVG per qualità, quantità ed investimenti effettuati in questi anni. Galante, Panto e Filippo Jannacopulos (editore di Rete Veneta), hanno stretto un accordo per presentare ricorso al Tar del Lazio, l’unico competente in materia, al quale chiederanno di bloccare il piano in tutto il Paese, e poi per fare pressioni sul ministero delle Comunicazioni. In pratica invitano “a rispettare la riserva di legge di un terzo delle frequenze pianificabili attualmente nelle aree tecniche 6 e 7 e a coordinarne ulteriori con Slovenia e Croazia, sempre mantenendo tale riserva”. “Vanno cambiate tutte le frequenze, dice Jannacopulos, la nostra è una battaglia per tutelare l’emittenza di qualità e centinaia di posti di lavoro. Senza contare che la legge ci obbliga a proseguire negli investimenti per passare al digitale terrestre, con un costo minimo di 3 milioni di euro. Non possiamo fermarci, nel Veneto ci saranno 80 impianti e le ditte fornitrici non possono certo essere avvertite il giorno prima: gli ordini li abbiamo spediti mesi fa. Ma stiamo investendo al buio”
 
Nel cosiddetto Pnaf, il Piano nazionale delle frequenze, l’Agcom ha previsto la realizzazione delle reti K-Sfn, quelle multiple, composte da almeno due frequenze, che sostituiranno le attuali Sfn, calibrate su una sola frequenza: un passaggio questo che costringerà le tv a dotarsi di nuovi impianti e a coprire il territorio di trasmissione con un maggior numero di frequenze, perché le K-Sfn sono meno potenti. L'Agcom ha scelto questa strada per risolvere i problemi di interferenza dei segnali, soprattutto nelle aree di confine dell'Italia, dove ci sarebbe la sovrapposizione con quelle dei Paesi confinanti o vicini. Solo che il cambio di tecnologia ridurrà le frequenze disponibili, mettendo in difficoltà tutte le emittenti, ma soprattutto quelle locali, quelle che hanno mezzi economici nettamente inferiori rispetto ai network nazionali.
 
“Qualora i nuovi criteri di pianificazione venissero effettivamente approvati”, scrive la Federazione Radio Televisioni, “verrebbero drasticamente ridotti gli spazi frequenziali delle tv locali e ciò comporterebbe la chiusura di moltissime imprese operanti da oltre trentacinque anni, con grave danno per il pluralismo del settore televisivo, per l'informazione sul territorio e per l'occupazione lavorativa del comparto”.
 
La protesta sugli scenari ipotizzati dall’Agcom è scattata in Sardegna, anche perché l'Isola è entrata per prima nell'era del digitale terrestre, con lo switch-off, lo spegnimento del segnale analogico, scattato nel settembre del 2008. Nei giorni scorsi è intervenuto il presidente della Regione Ugo Cappellacci, che ha incontrato il presidente dell'Autorità di garanzia Corrado Calabrò. Nel mirino la forte penalizzazione per le tv regionali in arrivo con i nuovi canali automatici. Poi hanno preso posizione i governatori della Liguria (Burlando), della Lombardia (Formigoni), del Lazio (Polverini), dell'Abruzzo (Chiodi). E ora ha alzato la voce anche il presidente della Puglia Nichi Vendola che ha parlato apertamente di “golpe” dell'Agcom: “Si vogliono riservare i primi tasti del telecomando alle tv nazionali, quando tutti sanno che i tasti dal 7 al 9 delle famiglie sono spesso appannaggio delle tv locali”.
 
Per quanto riguarda il Friuli Venezia Giulia a sollevare obiezioni, sono stati alcuni membri del consiglio regionale del che esternano i non pochi problemi legati al passaggio dall’analogico al digitale. “Già il solo avvio del digitale terrestre, scrivono in una nota, sta creando non pochi problemi, ma se a questo si aggiunge che il Piano nazionale di assegnazione delle frequenze ha escluso una decina di emittenti locali del Friuli Venezia Giulia e ben ventisette del vicino Veneto che per sopravvivere dovranno attingere alle frequenze di Croazia e Slovenia, la cosa ci sembra alquanto grave e insensata da parte delle Autorità governative”
 
La voce delle emittenti friulane si fa sentire con le dichiarazioni di alcuni direttori di testata che prendono atto della situazione.
 
“Per quanto Telefriuli”, spiega Alberto Terasso, “saremo pronti per il passaggio. Tuttavia, ci sono alcune difficoltà generali che dovranno essere affrontate. Mi riferisco, per esempio, all’impatto che la moltiplicazione di canali avrà sull’utenza, in particolare sulla configurazione del telecomando. Chi non finirà nei primi 20 posti della lista, rischia di annegare nel mare dell’offerta. Anche le emittenti potranno incontrare qualche problema. Fino a oggi, le frequenze per il digitale terrestre non sono ancora state assegnate in via definitiva. Se ciò accadrà all’ultimo momento utile, le televisioni rischieranno di restare oscurate per il tempo necessario ad adeguare gli impianti di ricezione”.
 
Questioni sollevate anche dal direttore di Free, Lorenzo Petiziol. “Il digitale è già stato da noi collaudato e sul piano operativo cambierà poco per chi fa televisione. Tuttavia, la moltiplicazione dei canali porterà qualche disagio ai telespettatori e infatti stiamo aspettando la regolamentazione per il ‘posto’ nel telecomando. Se alle tv locali non saranno assegnati spazi abbastanza in alto nella lista, queste rischieranno di scomparire nella folla.
 
Spiega Davide Micalich, titolare della Dea Communication: “ci sono ancora problemi di copertura, soprattutto relative alla Carnia, dove restano ancora molte zone d’ombra. Per quanto riguarda la questione della moltiplicazione dei canali, ci sarà la difficoltà di fidelizzare lo spettatore. Chi sceglierà la strada dei canali tematici sarà avvantaggiato, perché sarà in grado di catturare lo spettatore al di là dello zapping”.
 
Questione che non sembra affliggere “Gigi di Meo” di Telepordenone: “i problemi del telecomando? Chi vuole vedermi mi cerca. E anche gli anziani si ‘metteranno in regola’. Comunque, sono disposto ad andare casa per casa per sintonizzare i decoder. La nostra regione è piccola e per catturare il telespettatore si dovrà fare qualcosa di diverso, andando più in là della notizia, verso la riflessione. Questa è una grande opportunità per le tv locali”.
 
I problemi si fanno ancora più grandi se l’emittente è una delle più piccole d’Italia come come TeleAltoBut di Paluzza. “Per il momento” afferma Giovanni Battista Muser “stiamo trasmettendo sul digitale nella zona di Paluzza, ma il segnale non viene preso in buona parte del territorio montano. Sono momenti difficili, ma noi non molleremo”.
 
 
Insomma una situazione molto ingarbugliata e che per di più arriva in un momento economico tra i più difficili, anche perché la maggiore offerta di spazi che si verrà a creare farà probabilmente precipitare il valore delle inserzioni pubblicitarie sui singoli canali. Quindi l’impressione è che parecchie emittenti verranno fagocitate da emittenti più grandi dissolvendo così un patrimonio inestimabile di informazione e cultura locale, oltre che a numerosi posti di lavoro

 

4 Risposte a “Nord-est: mancano le frequenze, switch-off digitale a rischio, emittenti televisive nel caos”

  1. Riguardo le assegnazioni delle frequenze del digitale terrestre non c’è stata parità di trattamento e purtroppo tante emittenti locali sono in grossissima difficoltà..l’authority dovrebbe garantire un pluralismo di informazione e di trasmissione.. ma non sembra sempre così come nel nord-est..si chiedono frequenze all’estero..ci sono parecchi membri del consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia che esternano i non pochi problemi legati al passaggio dall’analogico al digitale

  2. In questo modo le tv locali vengono di fatto cancellate. E a chi fa comodo tutto questo???La pluralità dell'informazione è sempre più a rischio in questo paese, e questa è la dimostrazione che la distruggeranno con o senza la legge bavaglio.

  3. lotarino
    fermate l'arrivo del digitale finkè siete in tempo…porterà solo problemi come in tutti il resto d'Italia

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