Cormons: nata l’associazione “Piccolo Collio”


di CLAUDIO FABBRO

 
Quando, nel lontano 1974, i ragazzi delle colline cormonesi si riunirono in un originale Circolo culturale per recuperare tradizioni e dar vita a iniziative di forte ricaduta sociale, Edi Keber di Zegla aveva appena 14 anni. Il suo vicino di casa, Josko Sirk, oste alla “Subida”, soltanto qualcuno di più. Con l’entusiasmo e la freschezza d’anagrafe restaurarono la chiesa della Subida, riunirono le genti del territorio ogni anno per San Martino e gettarono le basi per riunire quel Collio storico che nel 1947 era stato tagliato a metà (Collio di qua, vignaioli individuali, Brda di là in cooperazione enoica prevalente)  Tennero in vita la fiammella, rifiutando il significato negativo di “confine”. Sabato 18 dicembre scorso a casa Cramer, location fra le più suggestive del monte Quarin di Cormòns, è stato presentato ufficialmente l’erede naturale di quel circolo e cioè il “Piccolo Collio”, associazione fra giovani produttori di vino (accomunati in un’elegante bottiglia), norcini (prosciutto, salumi e insaccati vari), lattiero-caseari, agrituristi e cultori dei sapori rurali. Il colore giallo (la vespa, le bici, la Ribolla eccetera) è il colore che caratterizza un territorio in vivace trasformazione. Il bambino d’allora, Edi Keber, è diventato oggi un vignaiolo di fama internazionale, con un figlio enologo che lo solleva da varie fatiche di vigna e cantina, consentendogli di reggere dinamicamente la presidenza del “Piccolo Collio” ai cui vertici ritroviamo (potevamo dubitarne?) anche quello Josko Sirk che ha creato un aceto contadino partendo dall’uva e ha saputo rivisitare al meglio le ricette di mamma Hema (mancata recentemente, ma alla veneranda età di 104 anni!), cuoca e signora di riconosciuto carisma. Edi ama definirsi – anche in etichetta – Contadino (la C maiuscola la mettiamo noi, d’ufficio), vantandosene anziché offendersi e ritenendosi (l’orgoglio agreste ritrovato è costante nei giovani del Piccolo Collio) custode di quei presidii tanto cari a Slow food che si contrappongono ai sapori omologati in cui chimica e plastica imperversano. Un’operazione genuina di marketing a costo zero (una missione viennese, tanto passaparola e un sito in più lingue, www.piccolocollio.it) quella lanciata sotto l’egida di un marchio apparentemente infantile (“Beba”, raffigurazione stilizzata, tanto elementare quanto simpatica), alla faccia di proposte mediatiche costose alquanto dei vari guru che il Collio non l’hanno visto neppure su qualche cartolina.