Eluana: ok della Cassazione probabilmente tornerà in Friuli

I giudici hanno accolto la richiesta del padre di Eluana Englaro: sua figlia potrà morire. La Cassazione ha autorizzato i medici a sospendere l'alimentazione alla donna in coma da 17 anni. "Viviamo in uno stato di diritto", ha commentato a caldo la sentenza Beppino Englaro, il padre della donna ricoverata nella casa di cura Beato Talamoni a Lecco.

Diventa quindi definitivo il decreto della Corte di Appello di Milano che, già nel luglio scorso, aveva autorizzato la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione artificiale ad Eluana. Il ricorso presentato dalla Procura contro la sentenza di Milano è stato giudicato "inammissibile".

Dopo aver ricostruito la volontà di Eluana grazie a numerose testimonianze e aver stabilito che il coma è irreversibile, l'autorizzazione a sospendere l'alimentazione da parte dei giudici di Milano torna valido. Immediatamente e senza la possibilità di altri ricorsi.

Eluana lascerà presto le suore che l'accudiscono dal 7 aprile del 1994 e sarà trasportata in una clinica per le ultime ore di vita. Accanto avrà un medico e, come sempre, suo padre.«Per correttezza», Beppino Englaro non vuol commentare le indiscrezioni secondo cui sua figlia Eluana, in stato vegetativo da quasi 17 anni, potrebbe essere portata in Friuli per il suo ultimo viaggio, dopo la decisione della Cassazione . «Non voglio rilasciare commenti di nessun genere a nessuno». Non vuol dir nulla, Beppino Englaro, originario di Paluzza, se non che «dopo la sentenza della Cassazione questa vicenda dovrebbe rientrare nella privatezza più assoluta». Di sua figlia parla sempre al passato, come di una persona che non ha presente né futuro. Stando a indiscrezioni, la famiglia della ragazza starebbe cercando uno staff medico e infermieristico per trasportare Eluana in un altra struttura. Si dice che, qui da noi, sarebbe già disponibile una stanza a pagamento in una struttura pubblica e che dei volontari potrebbero assisterla. La famiglia, però, non conferma. Ma oltre al capoluogo friulano in questi giorni si sono fatte anche altre ipotesi per il trasferimento di Eluana: potrebbe infatti trattarsi di strutture esistenti a Tolmezzo, Gemona o Latisana. Poi, la sepoltura avverrebbe, come è noto, a Paluzza, il paese in cui il padre di Eluana è nato. Va detto che il presidente della Regione Renzo Tondo si è più volte dimostrato persona estremamente sensibile a queste situazioni, così come il suo assessore alla Salute Vladimir Kosic. Ma da parte della Regione ieri non c’è stata alcuna smentita: l’ufficio stampa di Tondo ha fatto solamente sapere che «il presidente non ha nulla da dire su questa vicenda». C’è però di più: qualche tempo fa dal suo blog, il governatore Tondo aveva precisato (in occasione di un dibattito a Udine su Eluana) che lui sta dalla parte di Beppino Englaro «senza se e senza ma». Il governatore, insomma, non ha tenuto segreti sul suo modo di pensare in relazione a questa delicata vicenda.

In provincia di Udine sono 35 le persone che vivono in stato vegetativo. Oltre ai 12 letti di riabilitazione all'azienda ospedaliero-universitaria e al Gervasutta, altri 4 si trovano al reparto di Medicina interna per acuti all'ospedale di Cividale, dove vengono accolti i casi più gravi. Ma pazienti come Eluana, alimentati con il sondino nasogastrico, potrebbero essere ospitati anche in Rsa o case di riposo.

5 Risposte a “Eluana: ok della Cassazione probabilmente tornerà in Friuli”

  1. Aggiornamento 15/11/2008

    «Giusta l’autodeterminazione», «No, la vita resta comunque sacra». Non c’è uniformità di giudizio riguardo al drammatico caso di Eluana e alla svolta di queste ultime ore tra i medici friulani. C’è chi sostiene che il pronunciamento della Corte di Cassazione vada rispettato e con questo pure la volontà della persona coinvolta, chi invece è assolutamente in disaccordo con la decisione presa e con la messa a disposizione di una struttura pubblica per consentire di “staccare la spina”.

    «È un caso dolorosissimo dal punto di vista umano che si sta avviando a soluzione – attacca Luigi Conte, presidente (appena riconfermato) dell’ordine dei medici di Udine –. Io ritengo sia assurdo accusare i giudici i quali, se fossimo in presenza di una legge al riguardo, non sarebbero mai stati chiamati a una sentenza del genere. Personalmente siamo per il diritto all’autoderminazione soprattutto quando, come nel caso di Eluana, sono state raccolte prove inconfutabili che attestano il sentire di questa ragazza». Riguardo alla scelta di Udine, «si tratta, come per il caso Welby, di reperire una struttura e un professionista che siano in grado di aderire, in scienza e coscienza, alle richieste della ragazza», aggiunge Conte concludendo il pensiero con la sua grande amarezza per «l’esasperazione fatta attorno a questo dramma umano con troppe persone che hanno ritenuto di dover dare giudizi morali, come se quelli che devono decidere fossero delle bestie».

    Diametralmente opposta l’opinione di Gianluigi Gigli, direttore della clinica di Neurologia dell’ospedale udinese oltre che coordinatore della commissione ministeriale sullo stato vegetativo, il quale, con una lettera dagli accenti molto forti, attacca il presidente della giunta del Friuli Venezia Giulia, Tondo – con il quale il neurologo aveva collaborato per il programma della coalizione di centrodestra che ha portato Tondo alla guida della regione – denunciando che il suo silenzio sul caso Eluana «è assordante» e da questo silenzio bisognerà «trarre le conseguenze politiche». Per Gigli, si sta cercando «solo una struttura disponibile a prestarsi per eseguire la sentenza di morte». Il medico prevede che la donna si spegnerà nel giro di due settimane facendo una fine «solo mascherata dai macabri lenimenti che il magistrato ha previsto per lei». «Questa soluzione sarà la premessa all’eutanasia attiva. Altre regioni – aggiunge il primario –, anche tradizionalmente rosse, si sono rifiutate di dare corso alla pervicace volontà del papà di Eluana. Mi auguro che il mio ospedale abbia misericordia della vita di lei».

    Il professor Umberto Tirelli, direttore del dipartimento di oncologia dell’istituto dei tumori di Aviano, aggiunge cge «decidere di far morire una persona non è certamente compito del magistrato o del medico. E la qualità della vita di queste persone è comunque apprezzata dalla maggioranza dei familiari che hanno pazienti nelle condizioni di Eluana».

    Contrario «al ricovero in una struttura pubblica per staccare un sondino, cosa che dovrebbe eventualmente fare in una stanzetta privata il padre non un medico» il primario di Anestesia e Rianimazione 2 del Santa Maria della Misericordia, nonchè coordinatore del centro trapianti regionale, Francesco Giordano. Il suo collega responsabile del reparto 1 della Terapia Intensiva dello stesso ospedale, Amato De Monte, invece, non si pronuncia: «È una cosa che va al di là della medicina», spiega.

    Una disparità di visioni su una vicenda che da anni scuote fortemente le coscienze che si rispecchia anche nelle posizioni della Commissione etica e deontologica dell’ordine di Udine: «C’è chi è d’accordo e chi no – sintetizza il presidente Maurizio Rocco –. Non siamo di fronte a verità scientifiche e urge quanto mai una legislazione al riguardo». Il predecessore di Rocco alla commissione etica, Francesco Cavallo, che è anche fautore del centro cure palliative della Lega tumori all’ospedale, si chiede invece, a fronte di un vuoto legislativo, «come influirà questa decisione senza precedenti quando si tratterà di affrontare casi simili».

    Infine un medico di medicina generale, il dottor Mario Da Porto: «Sono per il rispetto della persona e per la libertà di scelta dell’individuo, pur comprendendo come tutto questo possa creare gravi conflitti».

  2. Tanta diplomazia e discrezione per niente.

    Complimenti a Beppino e a Tondo.

    A buon rendere.

  3. Aggiornamento 16/11/2008

    Il paese che ha dato i natali al padre di Eluana Englaro, Beppino, resta diviso sulle scelte dei giudici, ma senza clamore, comprendendo il dramma umano di chi vive questa angosciante vicenda sulla propria pelle.

    Il sindaco, Aulo Maieron, non entra nei giudizi, ma riconosce come questa vicenda abbia contribuito a smuovere gli animi, le coscienze per le tante Eluane che si trovano in stato vegetativo e auspica che si addivenga a una necessaria legge per colmare una lacuna.

    Il paese si divide in due, sempre tenendo un basso profilo sulla questione. «I carnici sono gente dura, testardi che tengono le cose per se», commenta don Tarcisio, parroco del paese che più volte ha discusso con Beppino «doi cjargnei chi si scontrin»: pomeriggi interi a comprendersi e ad aiutarsi a superare questi momenti. Incontri che però non sono avvenuti dopo la recente sentenza della Cassazione.

    «Beppino è determinato – prosegue don Tarcisio – e se mi chiederà di celebrare i funerali di sua figlia, non mi tirerò certo indietro». Non condivide le scelte, non vuole giudicare nessuno, tanto meno la famiglia di Eluana, non per il fattore emotivo e umano per la vicenda della donna, da 17 anni in coma vegetativo, ma per quanto la sentenza può determinare in seguito, negli altri casi analoghi. «E’ una questione di fede, comunque – ribadisce il parroco – se uno non ce l’ha, le soluzioni possono essere diverse. Non le critico, cerco di comprenderle». «La gente che parla con me, sommessamente, si dice rattristata dalla sentenza. Forse lo dicono perché sono un prete. Posso considerare che se sia ha rispetto per il corpo di un morto, come non averlo per chi è ancora in vita?»

    Non vuole essere un giudizio, quanto una constatazione, consci che le interpretazioni dei fatti della vita cambiano se si è direttamente coinvolti. «Ma si fa tanto per riavere il corpo di un morto. Se qualcuno cade in montagna, per riportarne la salma a casa si mettono anche in pericolo altre vite, si fa di tutto per riaverla. Eluana non è morta, non vi è accanimento terapeutico, la si ciba, le si dà da bere ed è amata». Un rispetto per Eluana, quello avvertito dal sacerdote, che proviene anche da chi la pensa diversamente.

  4. Aggiornamento 16/11/2008

    Come medico dipendente del servizio sanitario ho gerarchie, regole e doveri da rispettare. Come uomo mi sento libero di dare il mio supporto al caso Englaro». Sono le prime parole che il professor Amato De Monte, il primario udinese di rianimazione contattato dal padre di Eluana pronuncia sul caso della donna in stato vegetativo da 16 anni, dopo la richiesta della famiglia di assisterla nelle ultime ore.

    Una dichiarazione breve, quella del direttore della Struttura operativa complessa di Anestesia e Rianimazione 1, al quarto piano del padiglione centrale del Santa Maria della Misericordia. Quello che prima della fusione con l’Università si sarebbe chiamato primario del reparto di rianimazione. Una dichiarazione che segue le indiscrezioni pubblicate ieri dal Messaggero Veneto sui contatti, avvenuti nei giorni scorsi, fra Beppino Englaro e il luminare friulano di anestesia che potrebbe essere, o almeno così vorrebbe la famiglia, l’uomo che per ultimo entrerà in quella stanza con lei.

    Contatti confermati, dunque, in queste ore, senza che tuttavia sia stata coinvolta alcuna struttura ospedaliera friulana o regionale, come confermano tutti i dirigenti. Almeno non formalmente coinvolta. E almeno per ora.

    Dall’ospedale Santa Maria della Misericordia, che ieri è stato preso d’assalto dopo le indiscrezioni, l’ufficio stampa del direttore generale Carlo Favaretti, ripete che non c’è nulla di formale e che la struttura udinese non sarebbe nemmeno idonea a ospitare Eluana Englaro, visto che non gestisce hospice per i cosiddetti malati post-acuti, ovvero pazienti che non hanno più bisogno di cure specifiche per una patologia, ma che necessitano di cure para-ospedaliere. Nel caso di Eluana, la somministrazione quotidiana di alimentazione è accompagnata anche da farmaci contro l’epilessia, dovuta al trauma cranico procuratosi quel 18 gennaio del 1992 quando tornando verso casa a Lecco si schiantò in auto.

    Il professor De Monte parla, dunque, per la prima volta del caso di Eluana. Dice che da medico e da primario rispetta «regole, doveri e gerarchie», ma spiega anche che si sente libero di «dare supporto al caso».

    E così continua l’attesa per Eluana e le decisioni dei suoi familiari, che stanno contattando proprio in queste ore una struttura, in Friuli, in grado e disponibile ad accogliere la ragazza. Una struttura che potrebbe essere individuata all’interno delle cosiddette Rsa private, fra il capoluogo e la Carnia, fra Tolmezzo e Gemona. Una ricerca resa più difficile dal clima rovente di polemiche che si è scatenato in Friuli e in tutta Italia dopo la sentenza della Cassazione, che autorizza a togliere il sondino che consente nutrizione e idratazione, ha scatenato un fiume di reazioni.

    Quel che ormai sembra ogni ora più certo è che papà Beppino abbia ormai scelto di tornare in Friuli, dove è nato, a Paluzza, e dove la sua famiglia ha un’azienda. E’ qui che papà Beppino vorrebbe far riposare sua figlia, per la quale ha condotto una lunga battaglia, non ancora giunta al termine, dopo che in vita gli aveva espresso il desiderio di non essere tenuta in vita a tutti i costi se mai le fosse capitato, come la tragedia ha voluto, di finire in uno stato di inscoscienza permanente e definitivo. Anche se intanto dal Piemonte giunge l’apertura della presidente Mercedes Bresso: «Si tratta di una sentenza molto chiara, se ci fosse richiesto non ci tireremmo indietro. La condizione, ovviamente, sarebbe però che ci fosse la disponibilità di strutture e di medici».

  5. Probabilmente in Italia si ha da una parte un po’ di puzza sotto il naso , dall’altra , una certa indifferenza , probabilmente acquisita grazie al lavaggio del cervello operato dai media.

    Sappiamo che Terry Schiavo morì tra sofferenze visibili , ossia queste sono le testimonianze.

    La differenza tra Eluana e Terry è che in America la gente era scesa in strada , in Italia si confronterà nei salotti e scendendo la scala sociale , nei bar.

    Inquanto alla discrezione Carnica , Aldo , possiamo definirla pavidità ?

    Sto iniziando a vergognarmi di essere Italiano e di essere nato in Carnia.

    Forse è ora che cambi Paese.

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