Friuli: Dimitri Pintar, ecco i motivi del no alla creazione di una Doc Friuli unica

di  Dimitri Pintar
Azienda agricola Villa Rubini Spessa di Cividale

Recentemente, su stampa specializzata e no, si fa un gran parlare dell'imminente creazione di una Doc Friuli unica. Per come è proposta è sbagliata. Nei punti salienti va solamente a ripetere gli errori commessi in passato e andrebbe quindi in direzione diametralmente opposta a ciò che invece sarebbe necessario per il rilancio del comparto enologico della nostra regione. Tale proposta permetterebbe, per l'assessore Violino, una razionalizzazione dei costi, posizione pienamente condivisibile, ma che non porterà ai risultati attesi. Secondo altri, dovrebbe invece superare la frammentazione del territorio. In realtà c'è il concreto rischio di creare la nona Doc in regione (o decima se vogliamo contare anche il Prosecco)  con altri 12/14 vitigni autorizzati, alla quale sommare le 2 Docg approvate, quella in via di approvazione, quelle che saranno probabilmente proposte in futuro oltre alle sottozone che stanno proliferando. Secondo alcuni, il vino friulano non conquista mercati per una questione di scarsi volumi. Siamo una regione piccola, e la produzione di vino Doc è limitata (circa 680.000 ettolitri), ma è anche vero che una singola Doc (Friuli Grave per l'esattezza) ne produce pressoché la metà. Quindi, se il problema fosse veramente solo una questione di volumi in offerta, i vini delle Grave dovrebbero dominare il mercato e le altre Doc spingere per l'accorpamento. Così non è. La crisi è trasversale, colpisce tutte le aree, tutti i vitigni e tutte le fasce di prezzo. Il Friuli ha poco appeal nei consumatori e quindi nei buyer. In passato si è voluto autorizzare un gran numero di varietà: sommando le varie Doc con i vitigni autorizzati, più le Docg più le sottozone otteniamo 155 vini. Questo è il nocciolo della questione. E' una situazione noiosa da elencare, complessa da spiegare ed è incomprensibile per i consumatori globali, la maggior parte dei quali ignora l'esistenza della nostra regione. Se vediamo le realtà storicamente affermate e le realtà emergenti, hanno un'identità precisa: 1 vino 1 territorio. Parliamo di Bordeaux, Champagne, ecc. che da secoli sono in vetta. Malbec Argentino, Shiraz Australiano, Riesling Tedesco e altri vini stanno conquistando i mercati. Poi in ogni Paese c'è lo spazio per le eccellenze. Non Doc Friuli quindi ma Friulano Doc, senza più divisioni. Le singole zone possono permettersi di rinunciare a un vitigno per promuovere piuttosto le eccellenze locali. Il rilancio non passerà attraverso un'altra Doc, ma attraverso un vino che veramente potrà rappresentare un territorio. Il passato è passato e li non possiamo più intervenire. L'importante, come dice Donald Trump, è focalizzarsi sulla soluzione e non sul problema. Il Friulano purtroppo/per fortuna è sconosciuto a livello internazionale (e questo è un dato di fatto, non una mia opinione). Purtroppo perché facciamo fatica a esportarlo, per fortuna perché abbiamo la possibilità di crearlo e raccontarlo da zero. L'alternativa è presentarci sui mercati esteri a comunicare non un Vino ma un'altro Friulano Doc Friuli oltre ai Friulano Doc Collio, e così via per tutti gli altri vitigni, continuando a ripetere gli errori del passato.