Friuli: ecco come evitare i danni dall’odore di tappo

In tutto il mondo si producono – dato da prendere con beneficio di inventario – circa 270 milioni di ettolitri di vino (la metà proviene dai vigneti e dalle cantine dei tre paesi principali produttori, che sono nell’ordine Italia, Francia e Spagna). Immaginiamo che di questa massa enorme (tradotta in porzioni da 100 cc sono 270 miliardi di calici) la metà venga messa in bottiglia. Dimentichiamo tutto ciò che viene venduto sfuso o in contenitori alternativi (brik, tetrapak) e concentriamoci sulle bottiglie: sono poco meno di due miliardi. Una parte consistente andrà sul mercato con il tappo a corona, un’altra parte con il tappo a vite (poco diffuso in Italia, ma in Friuli c’è chi ha cominciato a usarlo, come Livio Felluga di Cormòns, anche per vini di qualità, come avviene già in molti paesi), un’altra parte ancora con i cosiddetti tappi alternativi, come quelli di vetro da anni ormai utilizzati dai Vigneti Pittaro di Codroipo.<br />
Non è facile fare una stima, ma non siamo lontani dalla verità se pensiamo che ogni anno, nel mondo, 500-600 milioni di bottiglie di vino vengono chiuse con il tappo in sughero. Un dato impressionante… Ma c’è un dato che per gli appassionati del vino, per i “wine lovers” (e ancor di più per i professionisti del vino, i produttori e coloro che lo stappano al ristorante o in enoteca) è ancor più impressionante. Se soltanto l’uno per cento delle bottiglie presenta il famigerato odore di tappo (ma ci sono ristoratori che giurano di trovarne molte di più), vuol dire che ogni anno finisce nelle fogne il contenuto di 5/6 milioni di bottiglie. Quasi sempre, vino pregiato; spesso conservato in cantina per molti anni, con i conseguenti costi finanziari…
Su questo problema ci siamo soffermati recentemente riferendo di un progetto avviato con soddisfazione dal Consorzio Colli orientali del Friuli-Ramandolo assieme all’Università di Udine per garantire maggior sicurezza alle aziende sulle partite di tappi di sughero acquistate. L’odore di tappo (più tecnicamente si chiama “difetto di tappo-muffa”) è infatti il nemico numero uno del vino. Un nemico che da una ventina d’anni è stato identificato – è una molecola denominata 2,4,6 Tricloroanisolo, in breve Tca –, ma non per questo è meno temibile.

 

L’Italia è all’avanguardia a livello mondiale nella “caccia” a questo nemico. Merito di una eccellenza veneta, il Laboratorio Polo, che è stato il primo in Europa (fin dal 2004) a mettere a punto e accreditare il metodo per determinare la presenza del Tca e dei suoi “complici”, ovvero gli altri metaboliti (Tba, geosmina tra i primi) che possono causare l’odore di tappo. Sostanze la cui presenza a livello infinitesimale (parti per trilione) può inquinare intere partite di tappi.
Il laboratorio Polo, oltre ai metodi analitici, ha messo a punto tecniche di campionamento e di prelievo che, se correttamente osservate, permettono di evitare veri e propri disastri. Dal 2004 al 2010, le analisi effettuate dal Laboratorio Polo per un centinaio di clienti (sugherifici e aziende vinicole, da ogni parte d’Italia e dalla Francia) hanno “coperto” oltre 100 milioni di tappi di sughero. «Con i produttori di tappi in sughero – commenta Maurizio Polo – è nato un rapporto di fiducia e collaborazione. Sanno che con le partite idonee non rischiano incidenti, che quando riguardano vini di pregio diventano veri e propri drammi. Mentre per le partite che noi giudichiamo non idonee, o parzialmente idonee, possono agire con tempestività, intervenendo per eliminare il difetto… e, dove non è possibile, eliminando il tappo».
Un’attività, quella di Pololab, preziosa. Sorride Maurizio Polo: «Facciamo dormire sonni tranquilli ad aziende italiane prestigiose come Tenuta Sant’Antonio di Verona, Pieropan di Soave, Pravis di Lasino (Tn), Primo Franco di Valdobbiadene, “A casa” di Avellino… e a qualche prestigioso “chateau” di Francia».