Friuli: le ragioni della fine del Patriarcato di Aquileia

di Alfredo Saccardo
Tavagnacco

Come insegnante di storia all’università delle LiberEtà di Udine, ho letto con interesse alcuni documenti riguardanti la lunga, nobile e travagliata esistenza del Patriarcato di Aquileia, nonché la sua drammatica e tristissima fine. Riguardo a quest’ultima, sono rimasto allibito nell’esaminare la Bolla papale “Iniuncta nobis” di Benedetto XIV (Prospero Lambertini) del 6 luglio 1751, dove si decreta la soppressione e l’estinzione del tutto e per sempre della Cattedra patriarcale di Aquileia, con la sua sede, il titolo, il capitolo, le dignità, i canonici, le prebende, ogni diritto patriarcale… E il Papa conclude: «La nostra decisione è irrevocabile. Guai a chi osasse contrastare il nostro decreto…». Allora mi sono chiesto il perché di tanta acredine verso la gloriosa Chiesa di Aquileia che «conta 17 e più secoli, quanti la medesima Santa Sede Romana» come scrive con dignità e sofferenza il cardinale Daniele Delfino, ultimo Patriarca di Aquileia in una lettera indirizzata al Papa il 9 luglio 1749, per scongiurarlo di non compiere lo scempio della disgregazione del Patriarcato. Leggendo attentamente la Bolla papale, si comprende che il motivo principale proviene, come scrive Checo Placereani, da «une traine puramentri pulitiche… Il Patriarcjât al deve fastidi a doi ucelaz e a un pape ch’al passonave tal stes scjap». Infatti si legge nella Bolla: «La cattolicissima Maria Teresa, imperatrice dei Romani e Regina d’Ungheria e di Boemia e il nostro caro figlio il Doge della Repubblica di Venezia sono dell’opinione che la causa delle secolari lotte e inimicizie fra di loro è il Patriarcato di Aquileia…». Allora è chiaro: per accontentare i due “ucelaz” si distrugge il fastidioso Patriarcato e si creano due Arcidiocesi: Gorizia (sotto dominio austriaco) e Udine (sotto quello veneziano). E così tutti felici e contenti, compreso il popolo friulano che, da bravo “sotan” ha dovuto tacere, obbedire e lavorare, possibilmente “di un scûr a chel altri”. Penso che tutto l’argomento meriterebbe un approfondito dibattito storico per amore della verità e della giustizia e per sentirci orgogliosi e fieri di essere friulani “nassûs tal grim di Aquilèe”, troppe volte oppressi da “prepotenz di ogni fate”, come diceva il compianto Toni Bellina.

Pubblicato da aldorossi

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