Friuli: marchio Doc Friuli a rischio, il Consorzio Isonzo non ci sta

di MICHELE FONTANA

 «Fumata nera per la Doc Friuli». Claudio Violino, assessore regionale alle Risorse agricole, bolla così l’esito dell’incontro che ha avuto ieri a Udine con i rappresentanti dei consorzi del Friuli Venezia Giulia e il direttore dell’Ersa, Mirko Bellini.
Violino non parla di «possibilità sfumata», anche se ammette che «il no del Consorzio Isonzo rischia di far saltare il progetto».
«È un peccato – precisa –, perché gli altri consorzi riconoscono tutti, pur con vari distinguo, l’opportunità di sviluppo offerta da un unico marchio , da usare come momento di unità promozionale pur nel rispetto delle rispettive peculiarità». Era il secondo appuntamento a un mese di distanza dal primo. La questione della Doc Friuli è vista da Ersa e Assessorato come «un’occasione di crescita anche commerciale per la vitivinicoltura regionale. Alla base però – secondo Bellini e Violino – ci deve essere l’unità d’intenti, ovvero la convinzione che l’utilità nell’inserire il termine “Friuli” all’interno delle varie denominazioni sia un’idea condivisa da tutti. Ma così non è stato: gli altri consorzi si sono trovati d’accordo, il Friuli Isonzo no».<br />
«Ci deve essere alla base la volontà di tutti i produttori – ribadisce Violino –, altrimenti il disegno non va avanti. Ci siamo impegnati in questa direzione perché abbiamo riscontrato nella stragrande maggioranza dei produttori la volontà di sentirsi rappresentati sotto un’unica bandiera, quella del Friuli. È il punto di partenza indispensabile, poi i tavoli tecnici riguarderanno i presidenti dei consorzi, ma è un secondo passaggio». Durante il vertice di ieri è stato fatto un rapido giro di interventi «che nella sostanza – rileva Violino – ha visto la quasi totalità dei presidenti d’accordo sulla possibilità di creare una Doc Friuli che rappresenti l’intero Fvg, con criteri naturalmente da discutere caso per caso».
L’unico a essere apertamente contrario alla creazione della Doc è stato Giorgio Badin, il presidente del Consorzio di tutela della Doc Friuli Isonzo: «Come consorzio – è la motivazione – non vediamo l’utilità di tale progetto in un momento storico come questo. Ci sono vari punti di vista e non mi pare il caso di prendere una strada se non sappiamo dove porterà». Una presa di posizione che Violino definisce «incomprensibile, anche perché il consorzio porta già il nome Friuli».
A margine del tavolo della trattativa, il timore è che la Doc Friuli possa fare sparire non tanto un nome, quanto una struttura consortile. «Ma un unico impianto organizzativo potrebbe sollevare le piccole realtà da oneri troppo gravosi», spiega Violino, soprattutto in momenti di crisi, come questo, o di difficoltà di bilancio.
«Qui si chiede solo – rimarca – se i produttori sono d’accordo o meno sull’utilità e sulla necessità, da un punto di vista commerciale e di sviluppo, della Doc Friuli».
Secondo il direttore dell’Ersa «è chiaro che non possiamo iniziare a discutere su come sarà fatta questa Doc se non siamo tutti d’accordo sul farla – sottolinea Bellini –. È fondamentale avere una base di partenza su cui lavorare: modalità e criteri con cui creare la Doc sarebbero discussi in un secondo momento. Così non se ne fa niente».
Ma Violino non chiude la porta alle prospettive di intesa, anche perché lo consola il fatto che tanti produttori «dimostrando un forte interesse, cercano la via della mediazione per capire se la questione si possa dirimere o meno. Ed è in programma un incontro solo tra i vari presidenti per cercare una soluzione che riesca a mettere d’accordo tutti, magari facendo tornare sui suoi passi il Friuli Isonzo».
Come superare l’impasse? «Agendo in due direzioni – chiosa Violino –: da un lato, i consorzi premano su quello contrario alla Doc per spiegare che si tratta di un ulteriore servizio offerto ai consorzi stessi; dall’altro, chiederemo ai soci del Friuli Isonzo se la posizione dei vertici è condivisa dall’assemblea».