Friuli: Renzo Pascolat e il sogno dell’autonomismo

di FLAVO PRESSACCO

Renzo Pascolat nasce a Terzo di Aquileia, nella Bassa friulana, zona di forte radicamento della sinistra. Di famiglia modesta, sin da giovane aderisce con entusiasmo al Pci. (…) Avvantaggiato anche dall’essere esponente di una delle “zone rosse” della Regione, diviene consigliere comunale, poi provinciale, regionale e, infine, parlamentare. Dopo il crollo del muro di Berlino, rimane deluso dalle mosse del partito e sceglie di sposare con il medesimo entusiasmo e la stessa grinta la causa autonomista. (…) Passati circa vent’anni dalla svolta, egli tira le somme di questa esperienza, non per dire la parola “fine”, ma per fare il punto della situazione, per ripartire, possibilmente, con idee più chiare e, forse, con nuovi compagni di avventura. Lo fa in questo volume che è strutturato come una “trilogia autonomista”. La prima parte (L’autonomia dall’apoteosi al rischio declino) è una cronaca minuziosa e fortemente intrisa di elementi autobiografici su alcuni snodi fondamentali dell’avventura autonomista di questi ultimi vent’anni. (…) Nel 1998 Sergio Cecotti fu il protagonista dell’unica grande vittoria elettorale rivendicata e rivendicabile nella storia del fronte autonomista (al Comune di Udine). In quella circostanza si ebbe l’elezione di ben dodici consiglieri comunali nella “Lista per Cecotti-Movimento Friuli” (…). Avrebbe potuto e dovuto essere una base forte per il consolidamento e l’espansione a più ampia scala del movimento autonomista (che manteneva nel frattempo comunque aperto, sia pure fra luci e ombre, un dialogo con Riccardo Illy), ma così non fu. Pascolat non individua nella sua analisi una causa chiara e preminente di tale insuccesso. Essa va, a mio avviso, ravvisata nella sottovalutazione attribuita dagli autonomisti al nuovo ruolo del bipolarismo. (…) La prematura scomparsa di Carlo Emanuele Melzi, eletto nel 1999 alla presidenza della Provincia di Udine, lasciò nel 2001 il campo a Marzio Strassoldo, candidato con forti e credibili connotati autonomisti ma alla guida di una coalizione nettamente orientata a destra. Il pallino era in mano ai bipolarismi che da allora non l’avrebbero più ceduto. Da lì il progressivo avvicinamento di Cecotti al fronte del centrosinistra (nelle contemporanee regionali e nelle comunali del 2003) e la sua contrapposizione netta (sempre in ottica bipolare) a Strassoldo nelle provinciali del 2006. In un certo senso la “frittata” era fatta: “uova autonomiste” in “piatti bipolari”. (…). La seconda parte (Alle radici di un’idea: il Friuli che doveva essere e il suo tradimento) è ricca di spunti di notevole interesse. (…) Se alcune parti del testo sono ben note, altre sono invece molto originali e costituiscono materia di riflessione. Evidenziano molto bene la complessità della storia e la difficoltà di raggiungere soluzioni soddisfacenti; illustrano, infine, anche le obiettive condizioni di geopolitica internazionale (con riflessi sulla politica interna) che avrebbero offerto nel tempo minacce e opportunità per la realizzazione dei sogni degli autonomisti: quelli di un Friuli autonomo con capitale Udine, o quelli di una Regione federata con Trieste e il suo territorio e Udine capitale del Friuli storico, magari sotto l’egida di Aquileia capitale omnibus, in omaggio alla sua storia (non solo a quella del Patriarcato dal 1077 al 1420). La terza breve parte della trilogia (Una nuova prospettiva: l’Euroautonomismo) prende spunto dall’idea di un’Europa delle Regioni e ipotizza, forse anche in modo provocatorio, la soluzione di Udine come capitale di un’ampia Euroregione. Per il momento, questo si è realizzato solo nel mondo del calcio, del vino, del prosciutto, della sedia, del bianco e del freddo. Ma per l’incrollabile fede degli autonomisti sperar non nuoce.