Friuli: un’analisi a 360 gradi del Collio bianco


di CLAUDIO FABBRO

 

 
L’Accademia italiana della vite e del vino, massima istituzione nazionale in campo vitivinicolo, recentemente ha dedicato al vino “Bianco del Collio” un forum nella tenuta Russiz Superiore in Capriva del Friuli.
Un aggiornamento, una rivisitazione storica e di tante tradizioni rurali, ma non ingessate al ricordo fine a se stesso, bensì un’analisi proiettata al mercato e all’economia alla luce delle profonde evoluzioni dei gusti di un consumatore che non sta più dietro l’angolo di casa nostra bensì oltre i vari Oceani, da Paesi che ci guardano con rinnovato interesse <br />
«Tutte le iniziative in programma fortemente volute dall’Accademia – ha precisato il presidente, professor Antonio Calò, già direttore dell’Istituto sperimentale viticoltura di Conegliano Veneto e riconosciuto luminare della vite e del vino a livello mondiale – sono in linea con il nostro obiettivo principale: sensibilizzare, discutere su tutti gli aspetti che interessano il mondo del vite e del vino. Momenti di riflessione e di confronto, indispensabili per l’analisi e l’approfondimento, in considerazione dei punti di vista delle diverse componenti del mondo vitivinicolo».
L’Accademia italiana della vite e del vino è stata costituita il 30 luglio 1949 dal Comitato nazionale vitivinicolo con decreto firmato dall’allora presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, ed eretta a ente morale il 25 luglio 1952. L’Accademia comprende 555 membri (onorari, ordinari, corrispondenti italiani, corrispondenti stranieri, soprannumero) e ogni categoria è a numero chiuso. La “tornata”, introdotta dal viticoltore e accademico Marco Felluga e da Patrizia Felluga, presidente del Consorzio vini Doc Collio-Carso, è stata dedicata a un grande vino bianco (Collio bianco) e cioè a quell’uvaggio di Ribolla Gialla (45-55%), unito a Tocai Friulano e Malvasia istriana, che fu definito e riconosciuto a Doc nel disciplinare originario del 24 maggio 1968 e successivamente rimodellato, con il parziale concorso di altri vitigni francesi e un “freno” a quelli aromatici, per lo più retaggio di una presenza austriaca nel nostro territorio particolarmente significativa dal 1866 alla prima guerra mondiale.
Nella mia relazione ho ricordato che negli anni 30 nel “Collio storico” il vino più rappresentativo era proprio un antesignano nel “Collio bianco “ attuale ed era un uvaggio di Ribolla e Gargania denominato “Colliano” (un vino fine «prodotto interamente nella botte») mentre nella zona del “Vipacco” l’omonimo uvaggio si faceva “fermentare sulle graspe”. Pertanto era ritenuto di minor pregio.
Il “Colliano” poteva tuttavia essere migliorato, nelle varie “sottozone” collinari, grazie al concorso di altre uve, quali «Riesling italico, Sylvaner, Verduzzo, Malvasia, Zelen, Pinot bianco, Sauvignon, Veltliner e Tokay (grafia con la “k” e la “y” anziché con la “c” e la “i”, utilizzata anche dal Poggi nel suo Atlante ampelografico del 1939, ndr)».
Gli altri vini importanti del Goriziano erano il “Friulano”, uvaggio di Refosco e Corvino nonché, eventualmente, altre uve rosse, in particolare Merlot e Franconia, e il “Terrano del Carso”, a base di Refosco.
In tempi recenti il disciplinare Doc Collio del 1968 è stato modificato, consentendo, per la produzione del “Collio bianco”, il concorso (in tutto o in parte) delle altre varietà a bacca bianca previste, con un “paletto” per quelle aromatiche (Müller Thurgau e Traminer) ammesse in percentuale massima del 15 per cento.