Udine: due anni fa Eluana Englaro

Non passerò mai l’inferno in cui hanno costretto mia figlia Eluana per più di 17 anni. Se la medicina non mi dà la certezza che io, Beppino Englaro, possa decidere per me stesso e per le mie cure, io mi lascerò morire. È questo che ho scritto nel mio biotestamento, di cui finora non avevo mai parlato». Alla vigilia del secondo anniversario della morte di Eluana papà Beppino rivela la sua scelta  al giornalista dell’Espresso Tommaso Cerno. Una decisione messa nera su bianco a fine gennaio.
Eluana è morta a Udine il 9 febbraio del 2009. Englaro oggi resterà a Lecco, nella sua casa, in silenzio. Perché alla “Giornata nazionale degli stati vegetativi” istituita per oggi dal governo, lui opporrà il silenzio, dopo aver già bollato la decisione dell’esecutivo come “inopportuna e indelicata”. Il fratello Armando, invece, che per la nipote aveva voluto il funerale a Paluzza, alle 8.30 parteciperà alla messa che ha chiesto venga celebrata per Eluana. Suo fratello Beppino non ci sarà.
Englaro per la prima volta e per un istante smette di dare voce alla figlia e alla sua battaglia, per parlare di sé. Di quel che farà lui se mai gli capitasse lo stesso dramma. Mentre il governo e il parlamento non hanno ancora legiferato sul fine vita, e i disegni di legge giacciono fermi, Englaro ha invece deciso di muoversi. E pochi giorni fa, il 27 gennaio, ha depositato dal notaio Gianfranco Condò di Lecco il suo biotestamento. Delegando come amministratore di sostegno, garante delle sue volontà nel caso in cui non fosse più in grado di intendere o di esprimersi con i medici, l’avvocato Franca Alessio. La stessa che il Tribunale nominò curatrice di Eluana durante la lunga battaglia giudiziaria per ottenere l’autorizzazione a sospendere l’alimentazione forzata.
«Quello che mi ha spinto a farlo, dopo tutti questi anni durante i quali ho assistito alla violenza che veniva fatta ogni giorno su mia figlia, costretta a cure che non voleva – ha detto Englaro –, è la consapevolezza di avere oggi le prove dei pericoli che si corrono mettendosi nelle mani della medicina. Loro dicono che “la speranza è l’ultima a morire”. Io dico che con queste premesse è la morte l’ultima speranza. Chiunque voglia tutelarsi da questi pericoli, può fare come ho fatto io. La medicina fa miracoli, ma a volte fa disastri irreparabili. Io non ho il tabù della morte, ho il tabù di quello che mi possono fare i medici contro la mia volontà. L’idea che tocchino il mio corpo, che entrino dentro di me, che mi puliscano gli escrementi senza che io lo voglia è qualcosa di orribile, una violenza inaudita ed è contro la costituzione e i diritti naturali di ognuno di noi. Eluana è stata violentata, io non posso immaginare che questo capiti anche a me».
Così ha maturato la decisione di delegare già da subito le proprie volontà all’avvocato Alessio. Convinto che, se anche il Italia non ci sarà mai una legge sul biotestamento, «la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la convenzione di Oviedo e la stessa sentenza Englaro siano dei paletti legislativi tali da impedire che un medico, a fronte di quel documento, possa sottopormi a cure cui io ho negato il consenso».
A chi gli parla delle manifestazioni dei pro vita o delle dichiarazioni del ministro Maurizio Sacconi, il padre di Eluana non dà più nemmeno retta. Parla di «recite» ed «effetti speciali» della politica italiana. «Biotestamento significa che ognuno decide per sé, per cui chi vuole farsi curare a oltranza, da questo provvedimento, ottiene il diritto di farlo per ora e per sempre. Io non ho mai chiesto nulla a questi signori – ha aggiunto Englaro –, non ho mai imposto il mio pensiero. Mentre questi signori hanno imposto a mia figlia cure che lei non voleva. Che c’entrano loro con Eluana? Loro invocano la sacralità della religione, che vale per i credenti. Io, in uno stato laico, credo che l’unica sacralità sia la libertà dell’individuo. E io l’ho scritta. Ora nessuno può dirmi che quella non è la mia volontà. Il curatore è solo un delegato, sono io che parlo. E non possono nemmeno dirmi che ho cambiato idea, perché se avessi cambiato idea sarei tornato dal notaio a cambiare il biotestamento».