Università di Udine: Convegno annuale del Gruppo italiano di geologia strutturale


Quando si dice "fare di necessità virtù". Il Friuli è anche "terra di terremoti" e da 33 anni a questa parte è una realtà con cui questa terra deve fare i conti ogni giorno. Ed allora ecco che il Friuli diventa tra le regioni all’avanguardia per cercare di conoscerli e di studiarli. Vertice dei “cacciatori di terremoti” all’Università. I risultati delle più recenti ricerche sulle deformazioni in atto nella crosta terrestre nell’area prealpina friulana, veneta e slovena occidentale, cui sono legati i terremoti, specie quelli del 1976 in Friuli o del ’98 nella valle dell’Isonzo, saranno presentati oggi dalle 10.45 e domani al polo di via delle Scienze.<br />
I lavori del “Convegno annuale del Gruppo italiano di geologia strutturale” saranno aperti dagli interventi del rettore Cristiana Compagno e del coordinatore scientifico del convegno, Adriano Zanferrari, professore di Geologia strutturale all’ateneo friulano. All’incontro, organizzato dal dipartimento di Georisorse e territorio, parteciperanno 140 esperti italiani e stranieri di geologia strutturale, la scienza che studia l’“architettura” delle rocce che formano la crosta terrestre. Il tema più gettonato sarà appunto quello dei rapporti fra deformazioni crostali e terremoti, ma si spazierà dalla struttura del territorio italiano fino a quella dell’Antartide. Una sessione speciale sarà dedicata alla ricerca petrolifera.
Venerdì e sabato, infine, gli studiosi effettueranno delle ricognizioni nell’area prealpina friulana per toccare con mano le strutture geologiche locali. Nel corso dei lavori saranno anche presentate e utilizzate tre nuove mappe geologiche che rappresentano ampie porzioni delle province di Udine e Pordenone. Le mappe, chiamate Fogli geologici (“Udine”, “Maniago”, “San Vito al Tagliamento”), sono state realizzate al dipartimento di Georisorse e territorio dell’ateneo. L’opera è stata svolta sotto l’egida e con il finanziamento del Servizio geologico nazionale e della Regione Friuli Venezia Giulia. Le tre mappe ultimate, e il Foglio “Gemona” giunto quasi al termine, fanno parte del Progetto Cartografia geologica e geotematica (Carg) volto alla realizzazione della nuova Carta geologica nazionale. Al progetto, che in Friuli è iniziato oltre dieci anni fa, hanno lavorato quasi una trentina di ricercatori di nove università italiane e straniere (Berna, Lubiana, Uppsala e Zurigo) oltre a specialisti del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e dell’Agip.
Tra i risultati ottenuti va segnalata, in particolare, la caratterizzazione della faglia chiamata di “Susans-Tricesimo” lungo la quale ha avuto origine il terremoto del 6 maggio 1976.

Una risposta a “Università di Udine: Convegno annuale del Gruppo italiano di geologia strutturale”

  1. Aggiornamento del 26/02/2009

    L’incubo del terremoto del ’76 potrebbe ritornare in qualsiasi momento, provocando ancora morte e distruzione: la zona più a rischio è la pedemontana del pordenonese a causa degli scarsi investimenti sull’edilizia antisismica. Nell’era delle più avanzate tecnologie prevedere l’arrivo di un terremoto è un’utopia, ma è possibile definire il potenziale distruttivo delle faglie.

    Ieri e oggi il Polo scientifico dell’Università di Udine ospita il convegno annuale del gruppo italiano di geologia dove vengono illustrati i risultati delle più recenti ricerche sulle deformazioni in atto nella crosta terrestre nell’area prealpina friulana, veneta e slovena occidentale, ovvero le carte geologiche, fotografie del territorio e del suo rischio sismico.

    «In Friuli Venezia Giulia in dieci anni di lavoro siamo riusciti a definire il potenziale distruttivo delle faglie che corrono lungo il margine alpino» – spiega il coordinatore scientifico del convegno, Adriano Zanferrari, professore di Geologia strutturale all’ateneo friulano. Le tre nuove mappe geologiche analizzate sono quelle che rappresentano ampie porzioni delle province di Udine e Pordenone. Le mappe, chiamate Fogli geologici, sono state realizzate al dipartimento di Georisorse e territorio dell’ateneo, sotto l’egida e con il finanziamento del Servizio geologico nazionale e della Regione.

    Risultato? Il più importante è quello che riguarda la caratterizzazione della faglia chiamata di “Susans-Tricesimo” lungo la quale ha avuto origine il terremoto del 6 maggio 1976. «È stata ricostruita la sua architettura in profondità – spiega Zanferrari – e definito il potenziale distruttivo massimo che potrebbe liberare in eventuali futuri terremoti». Ma non è l’unica faglia pericolosa: «altre due faglie importanti – precisa – sono quella che corre lungo la fascia collinare di Ragogna e quella del Montello, fra Veneto e Friuli, che potrebbe avere un potenziale distruttivo maggiore della faglia Susans-Tricesimo, mentre quella di Ragogna è chiamata faglia silente perché non è possibile collegarla a un terremoto storico per ricavarne il potenziale distruttivo».

    Oltre alle zone interessare dalle faglie, sono a rischio tutte quelle porzioni di territorio dove gli edifici sono stati risanati senza rispettare tutte le norme antisismiche: un futuro terremoto metterebbe al riparo la zona del gemonese ricostruita seguendo tutti i criteri dell’edilizia antisismica, ma il settore occidentale della regione con i suoi edifici storici, vecchie case e scuole e o i casolari della montagna «dove non si è investito abbastanza» potrebbero essere distrutti. «Di terremoto si può ancora morire – conclude Zanferrari – la Regione si deve dare una mossa, serve una legge che imponga un risanamento con gli adeguati finanziamenti. Bisogna proteggere le persone». All’incontro, organizzato dal dipartimento di Georisorse e territorio, partecipano 140 esperti italiani e stranieri di geologia strutturale, la scienza che studia l’«architettura» delle rocce che formano la crosta terrestre.

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